La storia della gara automobilistica che Enzo Ferrari definì un «museo viaggiante unico al mondo» di fatto non è una semplice corsa ma un vero e proprio evento che unisce storia, velocità, avventura e che è autentica fucina di eroi leggendari del volante: la Mille Miglia. Una storia che parla anche lodigiano con tre vittorie, un “doppio” secondo posto, un altro “doppio” terzo posto, un quarto e un sesto posto finale. Questo infatti è l’albo d’oro dei piloti lodigiani Giuseppe Campari, Attilio Marinoni ed Eugenio Castellotti alla mitica Mille Miglia bresciana. Nel particolare Campari vinse la corsa nella sua seconda e terza edizione (1928 e 1929) in coppia con Giulio Ramponi e si classificò secondo, nel 1931, e terzo nel 1930 in coppia con il conterraneo Attilio Marinoni che conquistò anche un quarto posto, nel 1928 con Giambattista Guidotti e nel 1929 con Ferdinando Minoia un sesto posto finale. Infine Eugenio Castellotti vinse la massacrante corsa nel 1956, alla sua ventitreesima edizione.
Una storia che prende il via nel 1927 ideata ed organizzata, come gara di velocità in linea, non a tappe, da quattro amici in risposta alla mancata assegnazione a Brescia, loro città natale, del Gran Premio d'Italia, organizzato nel nuovo autodromo di Monza nel 1927.
I quattro erano il conte Aymo Maggi, pilota e finanziatore, il conte Franco Mazzotti, giornalista, pilota, finanziatore e presidente del Reale Automobile Club d'Italia di Brescia, Renzo Castagneto, l'organizzatore vero e proprio, e Giovanni Canestrini, il decano dei giornalisti italiani nel settore automobilistico. Fu scelto un percorso a forma di "otto" da Brescia a Roma e ritorno lungo circa 1600 chilometri, equivalenti a circa 1000 Miglia, da cui il nome, suggerito da Franco Mazzotti, di recente ritorno da un viaggio in America. Una storia raccontata dal giornalista Francesco Dionigi ed illustrata dal disegnatore Alessandro Colonna nel volume “Vivere in sorpasso” edito da PMP Edizioni di Lodi con la prefazione del giornalista e scrittore Sky Fabio Tavelli.
<<In “Vivere in sorpasso" - ci dicono gli autori - raccontiamo la storia attraverso aneddoti, disegni, fatti della Mille Miglia e dei suoi protagonisti lodigiani ma anche dei tanti personaggi e macchine a loro legati: dal quadrifoglio dell’Alfa Romeo al Cavallino Rampante della Ferrari, dai piloti Tazio Nuvolari, Antonio ed Alberto Ascari, a Giulio Ramponi al pilota di aerei Arturo Ferrarin detto il Moro. Uno spaccato di vita, di una intera epoca motoristica>>.
Giuseppe Campari, detto il Negher, in dialetto milanese, è un campione un po' dimenticato che ha contribuito allo sviluppo dell'automobilismo sportivo vivendo da protagonista questa epopea dal 1910 al 1933, anno della sua morte sul circuito di Monza. Campari era un gigante buono, valentissimo pilota Alfa Romeo, che vantava al suo attivo più di trenta vittorie assolute, alcune delle quali di assoluto prestigio anche internazionale, tra cui due Mille Miglia nel 1928 e nel 1929, due titoli di Campione Italiano (1928 e 1931), due vittorie al Gran Premio di Francia. Enzo Ferrari nel suo libro “Piloti che gente” ribadisce che Campari “non era soltanto un pilota di eccezionale valore ma anche un combattente indomabile, un uomo che pur di vincere non badava al rischio, come neppure a tanti altri accorgimenti”.
Di Attilio Marinoni, pilota e collaudatore Alfa Romeo e Ferrari lo stesso Enzo Ferrari disse “Non è quel che si può dire un campione di bellezza; in compenso è il più completo fra i collaudatori che una casa d'automobili abbia mai avuto. Una macchina provata da Marinoni e da Marinoni messa a punto non si ferma più. Lo vedete bighellonare per l'officina che par non abbia nulla da fare. Ma Marinoni ha cento occhi come Argo e sa sempre tutto. Fu lui a salire per primo sulla Bimotore e a rivelarne le doti di velocità. Se Marinoni dice che tutto va bene, c'è da stare tranquilli". Tornando alle gare Marinoni vinse la Coppa Ciano nel 1927 e tre 24 Ore di Spa, in Belgio, di fila, nel 1928, 1929 e 1930.
Pilota ormai affermato e spesso al centro delle cronache mondane per veri o presunti flirt con attrici o protagoniste televisive Eugenio Castellotti trova il vero amore nell’estate del 1956. Eugenio conobbe Delia Scala attrice e ballerina. La loro storia riempì interi numeri dei settimanali dell’epoca. Ma fu fortemente osteggiata dalla madre. Castellotti prese una decisione: il matrimonio poteva sanare la situazione. Delia accettò la proposta, ma alla condizione che smettesse di correre, lui rilanciò con la condizione che lei avrebbe smesso di recitare. Data fissata per il dicembre del 1957. Nel frattempo Enzo Ferrari lo chiama per dirgli che il record della pista è stato battuto e lo aspetta a Modena.
La notte i due amanti litigarono, il teatro, la pista, avevano il sopravvento sul loro amore. Dopo solo tre ore, stanco e nervoso Eugenio arriva a Modena, sale in macchina, la Ferrari tocca il cordolo, sbanda, taglia per il prato, dove ricomincia l’asfalto c’era un altro cordolo, picchia di muso e si ribalta finendo sulla tribunetta. Era il 14 marzo alle 17,19 del pomeriggio, Eugenio viene sbalzato fuori. Esalò l’ultimo respiro poco dopo in ambulanza. La stessa sera Delia andò in scena, saltò qualche battuta, ma continuò a recitare e non andò neppure ai funerali, quasi di Stato, per non incontrare la madre.