lunedì 28 novembre 2022

Lotus T56B: dalla 500 Miglia di Indianapolis alla Formula 1, storia di una monoposto con motore d’aereo a reazione



> di Massimo Campi - Immagini © Raul Zacchè/Actualfoto

La storia della Lotus 56 nasce da un certo Ken Wallis, lontano parente di Barnes Wallis, passato alla storia per aver progettato il bombardiere inglese Vickers Wellington e le bombe Grand Slam, Tallboy (due fra le più grosse bombe a caduta libera mai create dall’uomo) e le famose bombe rimbalzanti con cui distruggere le dighe tedesche.

Nella mente di Wallis si materializza l’idea di montare su una macchina da corsa una turbina da elicottero. A metà degli anni ’60 il tecnico presenta il progetto a Dan Gurney e a Carrol Shelby, che si dimostrano scettici all’idea, ma a crederci e a metterlo in pratica diventa il vulcanico patron della STP Andy Granatelli che, con l’aiuto del fratello Joe, realizza l’idea di Wallis. Nasce così la STP Paxton Turbocar, sviluppata a partire dal gennaio del ’66 presso la divisione Paxton della STP a Santa Monica. La monoposto ha la trazione integrale con la turbina Pratt & Wythney ST6B montata a sinistra e l’abitacolo del pilota sulla destra della struttura a trave del telaio.

Dopo un primo test a Phoenix, Parnelli Jones è pronto a portare in gara la monoposto alla 500 Miglia di Indianapolis del 1967. La macchina, verniciata di rosso è sesta in prova, al via è molto veloce, Parnelli Jones conquista la testa della gara ed inizia a distaccare gli inseguitori fino a quando la rottura di un cuscinetto della trasmissione mette fine al suo sogno. I tempi sul giro sono notevoli, le prestazioni messe in mostra dalla Paxton Turbocar convincono Granatelli a proseguire l’avventura con la monoposto a turbina, incontro Colin Chapman e tra i due nasce subito un accordo ed un nuovo progetto denominato Lotus 56.

Il progetto è affidato a Maurice Philippe, il papà della Lotus 49 e della Lotus 72. La Lotus 56 nasce con la stessa forma a cuneo che verrà poi utilizzata anche sulla 72 ed equipaggiata dalle stessa turbina della STP-Paxton ulteriormente evoluta in ossequio alle nuove norme regolamentari imposte dalla federazione americana, la USAC, allarmata dall’escalation a livello di competitività di questi motori. La turbina Pratt & Wythney ST6B-70 viene però montata in posizione centrale alle spalle del pilota, ma girata rispetto al senso di marcia. La Lotus 56 monta pneumatici Firestone di uguali dimensioni sulle quattro ruote ma l’esordio della nuova monoposto si conclude con il dramma di Mike Spence che perde la vita durante le prime prove sul catino dell’Indiana. Le tre monoposto rimaste vengono affidate a Graham Hill, Joe Leonard, Art Pollard, per le qualifiche della 500 Miglia di Indianapolis. La Lotus 56 riesce a sfruttare tutta la potenza della sua turbina, Leonard parte in pole, con Hill al suo fianco, mentre Pollard è solo undicesimo. Anche questa volta il motore a turbina non ha fortuna, Hill è messo fuori gioco da un incidente a metà gara, mentre Leonard viaggia indisturbato al comando verso la vittoria quando, a nove giri dalla bandiera a scacchi è costretto al ritiro a causa del grippaggio dell’alberino della pompa del carburante nel momento. Stesso sorte per la vettura gemella di Pollard, anche lui afflitto da un guasto tecnico.

La potenzialità della Lotus 56 impressiona il pubblico ed i tecnici presenti ed alla fine del 1968 la USAC interviene nuovamente dando un altro giro di vite ai regolamenti riguardanti le vetture alimentate da un propulsore a turbina. L’avventura americana della Lotus 56 è ormai finita, Colin Chapman decide di non impegnarsi più nello sviluppo della macchina, che viene momentaneamente accantonata. Il 1968 è un anno complicato ed a doppia faccia per il team britannico che deve fare i conti con il dramma di Jim Clark oltre a quello di Mike Spence, ma anche una stagione di grandi soddisfazioni con la conquista del titolo mondiale piloti di Graham Hill oltre a quello costruttori.

Nella stagioni seguenti Colin Chapman si dedica alle monoposto della massima formula, con la Lotus 72 conquista il titolo mondiale nel 1970, ma il genio inglese non vuole fare morire la lontana idea di una vettura con il motore a turbina. Nel 1971 ripesca la Lotus 56 e la adatta alle specifiche della massima formula. la turbina della Lotus T56B sprigiona oltre 600 cv, una potenza superiore ai migliori 12 cilindri della massima formula, scaricata a terra grazie alla trazione a quattro ruote motrici. Inizialmente la Lotus T56B è priva di alettoni, ma dopo i primi test vengono aggiunte delle appendici alari sia all’anteriore che al posteriore. Un altro vantaggio aerodinamico è l’assenza di superfici radianti per il raffreddamento del motore, mentre la turbina Pratt & Whitney, alimentata a cherosene, e sempre posizionata alle spalle dell’abitacolo. La configurazione a doppio stadio, con un regime di rotazione costante di 40.000 giri, è equipaggiata di un demoltiplicatore integrato dentro al motore, nella parte anteriore, che trasferisce il moto all’albero di trasmissione.

La turbina, come nella versione americana, è girata rispetto al senso di marcia, e l’aria di alimentazione è convogliata dalle grandi prese aperte nella zona superiore delle fiancate, che indirizzano il flusso in coda al motore. Dopo la combustione i gas risalgono e vengono espulsi da una presa di sfogo munita di pinne orientata verso il retrotreno. Il telaio della T56B è una classica monoscocca in lamiera di alluminio con i freni entrobordo montati accanto ai differenziali. La frenata risulta uno dei grossi problemi della monoposto inglese che non ha assolutamente nessun freno motore ed un peso notevole grazie ai serbatoi da 320 litri di kerosene. I dischi freni vengono raffreddati attraverso varie prese che scaricano l’aria calda sopra la carrozzeria. Il motore a reazione prevede anche l’assenza di cambio e di frizione, quindi il pilota ha solamente due pedali con la possibilità di frenata con il piede sinistro. Un altro problema sono i tempi di riposta del propulsore, decisamente più lunghi rispetto ad una monoposto convenzionale con il motore a scoppio. Il pilota, per avere una adeguata accelerazione in uscita dalle curve, è costretto ad anticipare l’erogazione di potenza, quindi, in entrata di curva deve guidare dosando contemporaneamente freno ed acceleratore con ulteriore stress all’impianto frenante.

La Lotus T56B viene portata in pista nel 1971 da Emerson Fittipaldi nella Race of Champions e nell’International Trophy entrambi gare fuori campionato. A Brands Hatch , durante le prove libere sul bagnato, la 56 è stata di gran lunga l’auto più veloce in pista, ma la gara si è svolta con tempo asciutto e la 56B non ha potuto sfruttare il vantaggio della trazione integrale. A Silverstone, la vettura è durata solo tre giri della prima manche prima che un guasto alla sospensione costringesse Fittipaldi al ritiro.

A Zandwoort in Olanda c’è l’esordio ufficiale nel campionato mondiale. A sedersi nell’abitacolo della 56B Colin Chapman è il trentenne di Sidney, Dave Walker, al suo esordio in F.1. L’australiano è solo ventiduesimo in prova con un distacco di oltre quattro secondi dalla Ferrari di Jacky Ickx. La domenica il maltempo imperversa sulla pista, la Lotus può sfruttare la potenzialità della trazione integrale e del vantaggio delle gomme Firestone molto più performanti sulla pista bagnata rispetto alle Good Year. Walker parte alla grande, dopo cinque giri è già decimo, ma esce fuori strada facendo finire il sogno di Chapman di vedere trionfare la sua nuova strana creatura. Reine Wissel la porta in gara a Silverstone nel GP di Inghilterra. La Lotus a turbina è solo diciannovesima in prova, mentre in gara lo svedese deve abbandonare al cinquantasettesimo giro per noie meccaniche.

L’ultima apparizione mondiale è a Monza, dove Chapman iscrive solo una monoposto sotto le insegne del team World Wide Racing, a causa delle pendenze di Chapman con la giustizia italiana in seguito alle indagini sulla morte di Rindt, avvenuta dodici mesi prima alla Parabolica. La Lotus T56B, pilotata da Emerson Fittipaldi, ha una insolita livrea dorata e nera che anticipa la futura colorazione delle monoposto inglesi. Colin Chapman si appresta a passare dallo sponsor Gold Leaf, con i colori rosso oro, al nuovo marchio John Player Special, sempre nell’ambito dell’industria del tabacco. Sperimenta la nuova colorazione oro giallo a Monza, ma l’effetto visivo con le riprese televisive dell’epoca non soddisfa il patron inglese, che inverte successivamente i colori per la futura stagione, creando quella livrea nera con i filetti oro che diventerà il marchio della Lotus per gli anni successivi.

Anche a Monza, pista veloce ed ideale per la vettura a turbine, le sorti della 56B non sono molto differenti dalle gare precedenti. Il brasiliano è diciottesimo, ma almeno riesce a vedere la bandiera a scacchi seppure in ottava posizione su dieci vetture classificate e ad un giro dal vincitore Peter Gethin su BRM.

L’ultima apparizione della T56B è ad Hockenheim in una gara di Formula 5000, sempre con Fittipaldi alla guida. Il pilota di San Paolo riesce a portare la monoposto a turbina sul secondo gradino del podio regalando così l’unico podio alla creatura di Chapman. Con i nuovi regolamenti della FIA viene bandito il motore a turbina dalla massima formula e per la Lotus T56B c’è solamente la strada verso il museo della casa dove viene in seguito recuperata per partecipare ad eventi storici a testimonianza di quando, nella massima formula, c’era ancora spazio per la fantasia e soluzioni tecniche alternative.