mercoledì 26 agosto 2020

Attilio Marinoni, meccanico collaudatore pilota


«Non è quel che si può dire un campione di bellezza; in compenso è il più completo fra i collaudatori che una casa d’automobili abbia mai avuto. Una macchina provata da Marinoni e da Marinoni messa a punto non si ferma più. Lo vedete bighellonare per l’officina che par non abbia nulla da fare. Ma Marinoni ha cento occhi come Argo e sa sempre tutto. Fu lui a salire per primo sulla Bimotore e a rivelarne le doti di velocità. Se Marinoni dice che tutto va bene, c’è da stare tranquilli». 

Enzo Ferrari descriveva così Attilio Marinoni da Lodi, classe 1892, arrivato a 18 anni nel mondo dei motori per rimanerci trent’anni da protagonista. Meccanico, collaudatore e pilota sono i ruoli ricoperti all’Alfa Romeo (prima in officina poi alla Squadra Corse), alla Scuderia Ferrari e, infine, ancora all’Alfa Romeo. Ferrari lo volle al suo fianco quando rilevò la gestione dell’attività sportiva della Casa milanese affidandogli, oltre all’onere di preparare e collaudare le vetture per le corse, anche quello di mettersi al volante delle auto nelle gare. Dal 1934 al 1937, è stata una parentesi importante prima del ritorno a casa, all’Alfa Romeo. 

Il passaggio dalla tuta di meccanico a quella di pilota (all’epoca le differenze non erano molto rilevanti, soprattutto per Marinoni) risale ai primi anni Venti, dopo alcuni anni, alla conclusione del primo conflitto mondiale, come meccanico nel Reparto Corse Alfa Romeo. Tra i primi impegni, una trasferta in Sicilia per partecipare alla Targa Florio. E’ l’edizione del 1922, la tredicesima, l’auto una Alfa Romeo HP 20-30 ES da condividere con Ugo Sivocci. Il risultato è un buon nono posto assoluto, secondo di categoria. Sivocci avrebbe vinto la classica siciliana un anno più tardi, sempre su Alfa Romeo. 


In officina, Marinoni incontra un altro lodigiano, Giuseppe Campari, con il quale gareggia in più occasioni come meccanico di bordo. La loro vittoria più bella è senza dubbio quella conquistata nel Gran Premio d’Europa disputato a Lione il 3 agosto 1924 su una P2. Campari e Marinoni si impongono dopo 7 ore di corsa davanti alla Delage. 
A ferragosto del 1927 Marinoni vince la prima edizione della Coppa Ciano per vetture Sport Prototipi sul circuito del Montenero, a Livorno. L’auto è una Alfa Romeo 6C 1500. Ma il circuito su cui riesce ad esprimersi al meglio è quello di Spa dove ottiene tre vittorie consecutive, dal 1928 al 1930, nella 24 Ore. Vittorie condivise, nell’ordine, con il russo Boris Ivanowski su Alfa Romeo 6C 1500 S, con il francese Robert Benoist su Alfa 1750 S e, infine, con il pilota genovese, passato dalle due alle quattro ruote, Pietro Ghersi su 1750 GS. Tutti grandi interpreti del motorsport degli anni d’oro. 

Ma la frequentazione più assidua è quella con il “Negher” di Lodi, l’amico Giuseppe Campari con cui ha alzato al cielo il trofeo dei vincitori del Gran Premio d’Europa a Lione. Campari è protagonista delle prime edizioni della 1000 Miglia, straordinario vincitore della seconda e terza edizione e quest’ultima, nel 1929, è l’ultima che corre con al fianco Giulio Ramponi. 
Nel 1930 Campari partecipa con Marinoni, che aveva però già corso per tre volte la maratona bresciana. Nella prima edizione del 1927, proprio con Ramponi, è in gara con una Alfa Romeo RLSS, ma non vede il traguardo di Brescia. Nei due anni successivi sull’Alfa, prima con Gianbattista Guidotti (4° posto), poi con Ferdinando Minoia (6°). Con il “Negher” arrivano due podi, il terzo posto nel 1930 e il secondo nel 1931. Marinoni corse la sua ultima 1000 Miglia, ritirandosi, nel 1932, come partner di Franco Cortese. 

Nel frattempo, non disdegna le corse in salita, specialità molto in voga in quegli anni. Alla Cuneo-Colle della Maddalena del 1930 è decimo assoluto, quinto tra le Sport, con la Alfa Romeo 6C; nella stagione successiva, partecipa tra l’altro alla Susa-Moncenisio. Vince Achille Varzi e Marinoni, con l’Alfa 8C, conclude al sesto posto alle spalle di Campari nella classifica assoluta e al primo posto della categoria Sport con record della corsa. Alla salita del Monte Ceneri, a Lugano, è nono assoluto e secondo tra le Sport. Sempre su Alfa Romeo. 


Le gare di durata sembrano essere particolarmente congeniali a Marinoni, anche se non sempre dall’esito positivo come quelle di Spa. Alla 24 Ore di Le Mans, ad esempio, è buon protagonista insieme a Goffredo Zehender sulla 8C 2.3 LM nell’edizione del 1931. Per l’equipaggio dell’Alfa, però, la corsa sul circuito della Sarthe si conclude dopo 14 ore per problemi alla trasmissione. 
Poca fortuna anche a Monza nel Gran Premio d’Italia, prova d’esordio del primo Campionato d’Europa sulla distanza di 10 ore. Alfa Corse schiera due Tipo A (prima monoposto Alfa Romeo) per Nuvolari e Marinoni e due nuove 8C per Campari e Borzacchini. Da battere le Bugatti T51. Marinoni non riesce a prendere il via mentre Nuvolari è costretto al ritiro per un problema meccanico e prosegue la corsa, come previsto dal regolamento, insieme a Campari vincendo davanti alla 8C di Borzacchini e Minoia e alle due Bugatti T51. 


Nel 1934, Enzo Ferrari rileva la gestione del reparto corse dell’Alfa Romeo e chiama Marinoni nella nuova Scuderia affidandogli l’incarico di meccanico capo e collaudatore. Oltre a quello di pilota. Nel 1935 è il primo a salire sulla Bimotore, un’idea di Enzo Ferrari per cercare di contrastare la superiorità di Auto Union e Mercedes in Formula Grand Prix. La Bimotore deriva dalla vecchia Alfa Romeo P3 che viene equipaggiata con due motori a 8 cilindri da 3.165cc, uno davanti ed uno dietro al pilota, uniti da un lungo albero con un solo cambio ed una frizione. Il debutto è il 4 aprile 1935: l’auto viene portata in campagna fuori Modena e Marinoni effettua le prime prove percorrendo la strada tra Formigine e Maranello e raggiungendo la velocità massima di 288 chilometri orari. Il 10 aprile la presentazione ufficiale a giornalisti, autorità, tecnici, rappresentanti del Real Automobile Club d’Italia e dell’Alfa Romeo. Appuntamento al casello autostradale di Brescia, Marinoni parte in direzione di Bergamo e dopo un’ottantina di km lascia il volante a Tazio Nuvolari che ritorna a Brescia e percorre poi più volte il tratto autostradale raggiungendo la velocità massima di oltre 330 km orari. 

Durante il periodo trascorso con Ferrari, Attilio Marinoni è tra i protagonisti di una corsa molto seguita. Un evento eccezionale organizzato in Brasile nella primavera del 1936 con Ferrari invitato a partecipare con due sue vetture. L’operazione è supportata economicamente da Sabbado D’Angelo, italiano che ha fatto fortuna in Brasile con i sigari Sudan e che punta ad avere le auto ed i piloti italiani in grande evidenza nel “4° Gran Premio Città di Rio de Janeiro”, in programma il 7 giugno sul circuito di Gavea. Ferrari accetta l‘invito ed invia in Brasile due Alfa Romeo 2.9L Sport con Marinoni e Carlo Pintacuda, grande specialista di gare di durata e trionfatore, l’anno precedente, alla 1000 Miglia. Il Gran Premio brasiliano è però avaro di risultati con Marinoni che non conclude nemmeno il primo giro a causa della rottura del differenziale. Pintacuda riesce invece a percorrere 21 giri prima di abbandonare la gara per lo stesso inconveniente tecnico. Per la cronaca, tra i cinque concorrenti superstiti vince l’argentino Victor Coppoli su Bugatti. 


Il bilancio dell’operazione è negativo. D’Angelo offre allora un’altra chance ai piloti italiani: la partecipazione al 1° Gran Premio Città di San Paolo in programma un mese più tardi su un circuito cittadino da percorrere 60 volte. Un circuito pazzesco, raccontano le cronache dell’epoca, un percorso rettangolare di 4.250 metri con lunghi rettilinei, curve a novanta gradi e una inversione su una rotatoria molto stretta. A sfidarsi sono 20 piloti. Oltre a Marinoni e Pintacuda (ingaggiati – si dice – con 50mila dollari) la francese Hellé Nice (all’anagrafe Mariette Hèlene Delangle), gli argentini Rosa e Coppoli, i brasiliani Manuel De Teffè su Alfa Romeo, Nascimento Junior su Ford e Chico Landi su Fiat. 
Il 12 luglio è il giorno della corsa. Il pubblico è quello delle grandi occasioni, circa 150mila persone stipate sulle tribune e le postazioni lungo il percorso. Marinoni e Pintacuda sono i primi a presentarsi per una ricognizione a velocità ridotta, procedendo a fatica tra i tanti spettatori in cerca di un punto per assistere alla gara. L’ordine di partenza viene stabilito per sorteggio e Marinoni e Pintacuda sono in coda al gruppo ma dopo pochi giri sono rispettivamente al sesto e terzo posto. La rimonta di Marinoni è interrotta dallo spegnimento del motore della sua Alfa che riprende a funzionare grazie alla spinta ricevuta dalla vettura di Pintacuda. Il pilota lodigiano è scatenato e batte a più riprese il record della pista raggiungendo la media di 113 km/h. Un record. Pintacuda è al comando con un larghissimo margine sugli avversari e decide di fermarsi per accendersi un sigaro e poi riprendere la rincorsa alla vittoria. L’inseguimento di Marinoni si ferma alla seconda posizione assoluta con oltre 4 minuti di ritardo dal compagno di scuderia. 
La corsa viene ricordata anche per un gravissimo incidente. Meno di un minuto dopo il passaggio di Marinoni sul traguardo, sul rettilineo finale arrivano De Teffè e Hellé Nice in lotta per la terza posizione finale. La francese porta la sua Alfa Romeo 2300, ribattezzata “Flecha Azul”, sul lato sinistro del vialone che porta al traguardo e tenta il sorpasso, ma in quel momento un soldato si sporge dalla tribuna per vedere le auto e perde l’equilibrio cadendo sulla strada. Hellé Nice lo investe e la sua vettura vola tra gli spettatori. Il bilancio è tragico: cinque morti e una quarantina di feriti, tra cui Hellé Nice che se la cava con una lunga degenza in ospedale. 

Marinoni torna in Italia sul piroscafo Neptunia. Il risultato della trasferta sudamericana è positivo per l’ormai quarantaquattrenne collaudatore-pilota lodigiano. Il secondo posto nel Gran Premio gli ha portato 25mila dollari, più altri 5mila per il record sul giro. Di questi, 10mila dollari li ha dovuti lasciare come multa per la spinta, davvero provvidenziale, ricevuta da Pintacuda. Oltre a un premio sicuramente molto gradito per un lodigiano, un orologio ricevuto dal quotidiano degli immigrati italiani in Brasile. Nome del giornale: Fanfulla (Fanfulla da Lodi, cavaliere di ventura tra XV e XVI secolo). 


Lasciata la Ferrari, Marinoni ritorna all’Alfa Romeo e continua la sua avventura nel mondo delle corse. Sono gli anni della Alfa Romeo Tipo 158, conosciuta come Alfetta, nata nel 1937 nelle officine della Scuderia Ferrari. Progetto di Gioachino Colombo con la collaborazione dell’ingegnere Alberto Massimino. Marinoni segue lo sviluppo della monoposto di 1500cc, otto cilindri in linea e compressore volumetrico per 195 cavalli. Le prime Tipo 158 vengono sostituite da sei nuove monoposto all’inizio del 1939, riviste nel 1940 per preparare la nuova stagione di corse, nonostante la chiusura ufficiale dell’Alfa Corse nei primi giorni di settembre 1939, a causa dell’inizio della guerra. Tra le novità della vettura modificata, un motore in grado di erogare circa 225 cavalli e il ponte De Dion disegnato per le 512 e 162. Le prove con questo prototipo non si fermano con l’inizio della guerra e Attilio Marinoni prosegue nella ricerca della migliore messa a punto. 

Il 18 giugno 1940 è un altro giorno di prove sull’Autostrada dei Laghi. Il capo dei collaudatori dell’Alfa Romeo si mette al volante della 158D con l’impegno di sempre. Ma senza fortuna, quel martedì. Attilio Marinoni perde la vita in uno scontro contro un camion.












Crediti foto: 
Archivio Storico Alfa Romeo, Archivio Giuseppe Campari, Il Cittadino di Lodi, Automobile Club Milano