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giovedì 13 giugno 2024

L’Autodromo di Varano ricorda Riccardo Paletti



Riccardo Paletti avrà per sempre 23 anni nella memoria delle persone. Il giovane pilota italiano, scomparso il 13 giugno 1982 in occasione del Gran Premio del Canada di Formula 1, avrebbe compiuto il suo 24° compleanno appena due giorni dopo, il 15 di giugno. Quella qualificazione sul circuito di Montréal è stata la seconda ed ultima nella massima categoria a ruote scoperte per Riccardo Paletti, il quale avrebbe accolto dopo la gara la mamma Gianna, giunta ai box per fargli una sorpresa.

Nonostante la prematura scomparsa, il ricordo rimane vivo nei cuori delle persone: “un ragazzo tranquillo, amato per la sua educazione e modestia”, come narra il patron della squadra per cui correva Paletti, Enzo Osella. In effetti, la razionalità è sempre stata il punto di forza del giovane milanese, sportivamente adottato dal circuito di Varano de’ Melegari dove ha compiuto i suoi primi passi in pista. Basti pensare che Paletti non volle nemmeno debuttare in Formula 1 alla fine del 1981, poiché avrebbe preferito fare ulteriore esperienza nella categoria cadetta. Malgrado ciò, una triste fatalità non gli hanno permesso di evitare la Ferrari di Pironi (l’unica presente quel weekend), che dalla pole position rimase ferma in partenza al via di quel tragico Gran Premio canadese. La qualificazione alle gare era l’obiettivo primario per una delle squadre più piccole del Circus, e per la seconda volta in carriera Paletti prese parte ad una gara di Formula 1, scattando dalla casella numero 23, tanti quanti i suoi anni, dove fu difficile notare la vettura del Cavallino Rampante ferma più avanti. L’impatto fu violento, le fiamme divamparono per una fuoriuscita di benzina dal serbatoio, ed infine venti interminabili minuti di attesa per tirarlo fuori dalla monoposto; nella stagione 1982, Paletti fu il secondo a cui spettò questo triste destino, poche settimane dopo Gilles Villeneuve. Al pilota canadese fu intitolato proprio il circuito sull’isola di Notre-Dame, sul quale Paletti percorse i suoi ultimi metri in pista.

L’asfalto fu compagno di avventure per il milanese dall’età di 19 anni. L’interesse tardivo all’automobilismo fu dovuto alle esperienze in età adolescenziale tra sci alpino e karate, ed in quest’ultimo fu persino campione juniores. Un viaggio che potrebbe definirsi breve, ma in realtà continua senza una meta. La targa in sua memoria presente all’ingresso dell’Autodromo di Varano, che dal 1983 è intitolato proprio a Riccardo Paletti, è uno dei tanti modi per mantenere vivo il ricordo di un giovane pilota che ci ha lasciato – troppo presto – per fare ciò che amava.

> Antonio Caruccio 
    Ufficio Stampa Autodromo Varano



martedì 14 maggio 2024

Elio De Angelis, pilota e gentiluomo

 


di Massimo Campi

Immagini © Raul Zacchè/Actualfoto


Elio De Angelis, nasceva a Roma il 26 marzo del 1958. Aveva un grande talento, era veloce, era anche ricco e con una grande educazione. Forse sarebbe finito a fare il compositore di musica, come avrebbe voluto da giovane ed invece, appassionato di motori fin dall’infanzia, a 14 anni cominciò a guidare i kart. Visti i brillanti risultati conseguiti, tra cui la vittoria del titolo europeo nel 1976, la famiglia decise di fargli continuare la carriera da pilota e il padre, ricco costruttore e campione di motonautica, gli regalò una Chevron con cui poté correre in Formula 3, ma non ricevette più alcun finanziamento dai genitori.

Nel 1977 De Angelis è campione italiano l’anno seguente passa in Formula 2, senza però ottenere grandi risultati. Torna a gareggiare una tantum in Formula 3 a Montecarlo, vince con la sua Chevron ed il successo gli apre le porte alla massima formula. Si fanno avanti la Brabham di Bernie Ecclestone e Ken Tyrrell che gli offre inizialmente un contratto per la futura stagione, ma poi improvvisamente l’ex boscaiolo si tirò indietro. De Angelis fece causa alla scuderia, che perse, ma i soldi ottenuti non furono sufficienti al romano nemmeno per pagarsi le spese legali. In seguito Enzo Ferrari invitò il romano a Maranello inserendolo nel programma giovani con la proposta di un sedile per la Minardi in Formula 2.

Il debutto in F.1 arriva nel 1979 con la Shadow di Don Nichols. De Angelis si paga il volante versando 25.000 dollari a gara, forniti da una serie di sponsor. Va forte, con i mezzi che ha, lo nota Colin Chapman e gli offre un sedile di seconda guida per il 1980. De Angelis dimostra subito di saperci fare e con la squadra inglese rimane sei stagioni e conquista due vittorie: nel 1982 in Austria e ad Imola nel 1985. Subito entra in sintonia con Colin Chapman, ma il patron della Lotus muore a fine del 1982 lasciando la squadra nella mani di Peter Warr. Arriva un giovane Brasiliano, Ayrton Senna e De Angelis capisce che è il momento di cambiare aria e va alla Brabham di Bernie Ecclestone con Gordon Murray che aveva appena ideato la BT 55 sogliola, una monoposto superpiatta, per sfruttare meglio l’effetto suolo, mossa del 4 cilindri BMW Turbo che aveva una potenza mostruosa.

Il 14 maggio del 1986 De Angelis è al volante della sua Brabham per una sessione di test al Paul Richard. Sulla BT55 viene montato un nuovo alettone, sono appena passate le 11,30 del mattino De Angelis parte per un giro lanciato, poco dopo si sente uno schianto, la monoposto vola in aria, ricade, prende fuoco, il pilota è intrappolato dentro, non c’è più nulla da fare. All’ingresso della veloce “Esse de la Verriere” l’alettone della Brabham vola via, la monoposto perde aderenza ad oltre 270 km/h, le fiamme incendiano anche un albero vicino alla pista e nessun addetto antincendio è nelle vicinanze. Finisce così la favola di Elio De Angelis, un pilota forte, veloce e gentiluomo.








mercoledì 1 maggio 2024

Ayrton Senna, le foto di Claudio Pezzoli

Ayrton Senna, 21 marzo 1960 – 1 maggio 1994

"I miei ricordi di Ayrton"
raccolta di foto di Claudio Pezzoli-New Reporter Press

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sabato 20 aprile 2024

Dal DTM alle Super 2000, al Museo Alfa Romeo va in scena la leggenda

 


Una conferenza Backstage domenica 21 aprile alle ore 15 

al Museo di Arese 

ripercorre quella lunga 

e straordinaria stagione 

di Alfa Corse 



Dal 1992 al 2007 Alfa Romeo ha dominato le corse della categoria Turismo, prima con la 155 e poi con la 156, scrivendo pagine indimenticabili nella storia del motorsport e conquistando decine di campionati in Italia, Germania, Regno Unito e Spagna.  

 

Un’epopea che ha origine nella “nuova” Alfa Corse e che proprio con le vetture a ruote coperte raccoglierà i maggiori successi, prima sotto la guida di Giorgio Pianta e in seguito con il team Nordauto/N-Technology. Merito di vetture dalle grandi potenzialità che una squadra di altissimo livello ha saputo rendere imbattibili.

Il Museo Alfa Romeo ripercorre la storia di questa lunga e straordinaria stagione domenica 21 aprile, in una conferenza Backstage che darà voce a ricordi ed emozioni di molti protagonisti: da Fabrizio Giovanardi a Giorgio Francia, da Gabriele Tarquini a Monica Bregoli, oltre naturalmente a progettisti, tecnici e membri del team. A cominciare da Sergio Limone, uno dei più grandi personaggi del motorsport, capace di dominare un’intera stagione dei rally con Lancia e di ripartire da zero con le Alfa Romeo da pista. Vincendo ancora. 

I primi successi arrivano già  nel 1992 a pochi mesi dall’inizio del progetto con Nicola Larini che conquista il Campionato Italiano Superturismo con la 155 GTA e l’anno successivo il DTM con la 155 V6 TI, battendo gli increduli rivali tedeschi sul loro terreno e infrangendo tutti i record. Poi arrivano i trionfi nel BTCC, il Campionato Turismo Inglese 1994 e altre vittorie in ogni parte del mondo. Finita la carriera della 155, dal 1998 tocca alla 156 continuare sulla strada del successo, conquistando in una carriera di 10 anni, ben 13 Campionati fra piloti costruttori e team, e vincendo l’ultima gara addirittura nel 2007, quando la 156 è ormai fuori produzione da tempo.

Una stagione di corse e vittorie che ha visto tecnici di primo piano e piloti molto spesso provenienti o destinati alla Formula 1: Larini, Nannini, Tarquini, Giovanardi, Massa, Danner, Farfus, Thompson, Alboreto, solo per citarne alcuni. All’apice del successo in Ferrari, nel 2003, anche Michael Schumacher ha provato l’Alfa Romeo 156 S2000 di Gabriele Tarquini sul circuito del Mugello.


A condurre la conferenza Backstage sarà il curatore del Museo Alfa Romeo, Lorenzo Ardizio, affiancato da Sergio Remondino, storica firma di Autosprint e autore, insieme a Sergio Limone, del libro “Alfa Romeo 155 e 156: DTM, Superturismo e Super 2000” - edito da ASI Service - che nell’occasione verrà ufficialmente presentato. 

La conferenza Backstage, a ingresso libero per i visitatori del Museo Alfa Romeo, si svolgerà  a partire dalle ore 15 in sala Giulia, preceduta, alle 14.30, da una parata di Alfa Romeo sul pistino interno, in un tributo al team che ha scritto pagine indimenticabili della storia del Marchio. 


Il ciclo di conferenze Backstage del Museo Alfa Romeo, arrivato quest’anno alla sesta edizione, ha l’obiettivo di esplorare la storia del Marchio partendo dai documenti conservati nell’Archivio e ascoltando le voci dei protagonisti. 


Il programma completo degli appuntamenti è consultabile sul sito www.museoalfaromeo.com

I video delle conferenze, sia in lingua italiana che inglese, sono visibili sul canale YouTube @MuseoAlfaRomeoOfficial  







Credits: Alfa Romeo Communications

venerdì 12 aprile 2024

LO STRANO INCONTRO



di Luciano Passoni – immagini di Rosanna Galli

E’ un giorno come tanti altri a Barbaiana di Lainate, i rumori e i colori sono quelli di un borgo di gente laboriosa, la campagna intorno è rigogliosa, i venti della guerra che pure hanno appena cessato di spirare, sono solo brutti ricordi da dimenticare, si respira la normalità non certo noiosa e banale della pace, con i “grandi” al lavoro mentre i più “piccoli” frequentano la scuola. La vettura rossa è lì ferma, elegante e composta, come la persona che le si sta avvicinando per salirvi. I ragazzi sono più incuriositi che sfrontati, riconoscono il grande campione che è venuto in visita ai familiari. Carletto è il più vivace, lo hanno eletto capo di quella che si definisce come una tribù: gli Apache. Si tengono a distanza con rispettosa deferenza ma gli sguardi di tutti si incrociano e si guardano abbozzando anche qualche sorriso. Non parte, proprio non ne vuole sapere di accendersi, un inconveniente, una disavventura che diventa occasione di un incontro, uno strano incontro. Il campione è Gigi Villoresi, il bambino è Carlo Franchi, si guardano e si parlano, parole brevi che non sono di circostanza: il primo ha bisogno di una spinta che lo riporti verso gli impegni che lo attendono, il secondo è ben lieto di ordinare a tutta la “banda” di prestare l’aiuto richiesto. Il premio di un passaggio per un giro intorno alla casa che il campione concede al bambino diventa la sede di una promessa: ”Un giorno guiderò un’auto veloce come questa”, è il primo segnale di una staffetta, la rincorsa di un sogno che Gigi ha realizzato e che Carlo raggiungerà diventando “l’inarrestabile Gimax”. Si incontreranno di nuovo, a Milano, nell’officina di Alberto Ascari, dove Carlo imparerà i primi rudimenti del mestiere che lo vedrà realizzato come imprenditore. E poi sempre nel capoluogo lombardo, parecchi anni dopo, alla premiazione di un campionato conquistato, Gimax ridiventa per un attimo “Barbaiana”, così ha continuato a chiamarlo Gigi da quel lontano giorno mai dimenticato. Oggi è un giorno speciale a Barbaiana di Lainate, il Palazzo Meraviglia Villoresi Oscurati ci ospita come testimoni muti e ammirati nel silenzio rotto solo da una vettura rossa che porta nel suo essere le gesta del campione. La forza della fantasia ci soccorre nel vederli ancora qui mentre sfogliamo le pagine che raccontano le imprese sportive ed umane di due uomini diventati piloti e campioni. “A tutto gas e senza freni, gli amori e i dolori di un mito tra Maserati, Ferrari e Lancia”, è il volume che Valerio Villoresi ha dedicato al suo illustre antenato, un racconto dove le parole illuminano la nostra immaginazione e disegnano i tratti epici di avventure sportive indimenticabili che si intrecciano con “La vita e le gesta dell’inarrestabile Gimax”, scritto da Vittorio Piaggi, abbracciando il tempo e lo spazio che ha unito per sempre le loro storie.
















foto Rosanna Galli / riproduzione riservata