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sabato 20 aprile 2024

Dal DTM alle Super 2000, al Museo Alfa Romeo va in scena la leggenda

 


Una conferenza Backstage domenica 21 aprile alle ore 15 

al Museo di Arese 

ripercorre quella lunga 

e straordinaria stagione 

di Alfa Corse 



Dal 1992 al 2007 Alfa Romeo ha dominato le corse della categoria Turismo, prima con la 155 e poi con la 156, scrivendo pagine indimenticabili nella storia del motorsport e conquistando decine di campionati in Italia, Germania, Regno Unito e Spagna.  

 

Un’epopea che ha origine nella “nuova” Alfa Corse e che proprio con le vetture a ruote coperte raccoglierà i maggiori successi, prima sotto la guida di Giorgio Pianta e in seguito con il team Nordauto/N-Technology. Merito di vetture dalle grandi potenzialità che una squadra di altissimo livello ha saputo rendere imbattibili.

Il Museo Alfa Romeo ripercorre la storia di questa lunga e straordinaria stagione domenica 21 aprile, in una conferenza Backstage che darà voce a ricordi ed emozioni di molti protagonisti: da Fabrizio Giovanardi a Giorgio Francia, da Gabriele Tarquini a Monica Bregoli, oltre naturalmente a progettisti, tecnici e membri del team. A cominciare da Sergio Limone, uno dei più grandi personaggi del motorsport, capace di dominare un’intera stagione dei rally con Lancia e di ripartire da zero con le Alfa Romeo da pista. Vincendo ancora. 

I primi successi arrivano già  nel 1992 a pochi mesi dall’inizio del progetto con Nicola Larini che conquista il Campionato Italiano Superturismo con la 155 GTA e l’anno successivo il DTM con la 155 V6 TI, battendo gli increduli rivali tedeschi sul loro terreno e infrangendo tutti i record. Poi arrivano i trionfi nel BTCC, il Campionato Turismo Inglese 1994 e altre vittorie in ogni parte del mondo. Finita la carriera della 155, dal 1998 tocca alla 156 continuare sulla strada del successo, conquistando in una carriera di 10 anni, ben 13 Campionati fra piloti costruttori e team, e vincendo l’ultima gara addirittura nel 2007, quando la 156 è ormai fuori produzione da tempo.

Una stagione di corse e vittorie che ha visto tecnici di primo piano e piloti molto spesso provenienti o destinati alla Formula 1: Larini, Nannini, Tarquini, Giovanardi, Massa, Danner, Farfus, Thompson, Alboreto, solo per citarne alcuni. All’apice del successo in Ferrari, nel 2003, anche Michael Schumacher ha provato l’Alfa Romeo 156 S2000 di Gabriele Tarquini sul circuito del Mugello.


A condurre la conferenza Backstage sarà il curatore del Museo Alfa Romeo, Lorenzo Ardizio, affiancato da Sergio Remondino, storica firma di Autosprint e autore, insieme a Sergio Limone, del libro “Alfa Romeo 155 e 156: DTM, Superturismo e Super 2000” - edito da ASI Service - che nell’occasione verrà ufficialmente presentato. 

La conferenza Backstage, a ingresso libero per i visitatori del Museo Alfa Romeo, si svolgerà  a partire dalle ore 15 in sala Giulia, preceduta, alle 14.30, da una parata di Alfa Romeo sul pistino interno, in un tributo al team che ha scritto pagine indimenticabili della storia del Marchio. 


Il ciclo di conferenze Backstage del Museo Alfa Romeo, arrivato quest’anno alla sesta edizione, ha l’obiettivo di esplorare la storia del Marchio partendo dai documenti conservati nell’Archivio e ascoltando le voci dei protagonisti. 


Il programma completo degli appuntamenti è consultabile sul sito www.museoalfaromeo.com

I video delle conferenze, sia in lingua italiana che inglese, sono visibili sul canale YouTube @MuseoAlfaRomeoOfficial  







Credits: Alfa Romeo Communications

venerdì 12 aprile 2024

LO STRANO INCONTRO



di Luciano Passoni – immagini di Rosanna Galli

E’ un giorno come tanti altri a Barbaiana di Lainate, i rumori e i colori sono quelli di un borgo di gente laboriosa, la campagna intorno è rigogliosa, i venti della guerra che pure hanno appena cessato di spirare, sono solo brutti ricordi da dimenticare, si respira la normalità non certo noiosa e banale della pace, con i “grandi” al lavoro mentre i più “piccoli” frequentano la scuola. La vettura rossa è lì ferma, elegante e composta, come la persona che le si sta avvicinando per salirvi. I ragazzi sono più incuriositi che sfrontati, riconoscono il grande campione che è venuto in visita ai familiari. Carletto è il più vivace, lo hanno eletto capo di quella che si definisce come una tribù: gli Apache. Si tengono a distanza con rispettosa deferenza ma gli sguardi di tutti si incrociano e si guardano abbozzando anche qualche sorriso. Non parte, proprio non ne vuole sapere di accendersi, un inconveniente, una disavventura che diventa occasione di un incontro, uno strano incontro. Il campione è Gigi Villoresi, il bambino è Carlo Franchi, si guardano e si parlano, parole brevi che non sono di circostanza: il primo ha bisogno di una spinta che lo riporti verso gli impegni che lo attendono, il secondo è ben lieto di ordinare a tutta la “banda” di prestare l’aiuto richiesto. Il premio di un passaggio per un giro intorno alla casa che il campione concede al bambino diventa la sede di una promessa: ”Un giorno guiderò un’auto veloce come questa”, è il primo segnale di una staffetta, la rincorsa di un sogno che Gigi ha realizzato e che Carlo raggiungerà diventando “l’inarrestabile Gimax”. Si incontreranno di nuovo, a Milano, nell’officina di Alberto Ascari, dove Carlo imparerà i primi rudimenti del mestiere che lo vedrà realizzato come imprenditore. E poi sempre nel capoluogo lombardo, parecchi anni dopo, alla premiazione di un campionato conquistato, Gimax ridiventa per un attimo “Barbaiana”, così ha continuato a chiamarlo Gigi da quel lontano giorno mai dimenticato. Oggi è un giorno speciale a Barbaiana di Lainate, il Palazzo Meraviglia Villoresi Oscurati ci ospita come testimoni muti e ammirati nel silenzio rotto solo da una vettura rossa che porta nel suo essere le gesta del campione. La forza della fantasia ci soccorre nel vederli ancora qui mentre sfogliamo le pagine che raccontano le imprese sportive ed umane di due uomini diventati piloti e campioni. “A tutto gas e senza freni, gli amori e i dolori di un mito tra Maserati, Ferrari e Lancia”, è il volume che Valerio Villoresi ha dedicato al suo illustre antenato, un racconto dove le parole illuminano la nostra immaginazione e disegnano i tratti epici di avventure sportive indimenticabili che si intrecciano con “La vita e le gesta dell’inarrestabile Gimax”, scritto da Vittorio Piaggi, abbracciando il tempo e lo spazio che ha unito per sempre le loro storie.
















foto Rosanna Galli / riproduzione riservata



martedì 26 marzo 2024

F1/Hockenheim 1982, l’ultimo giro di Didier Pironi



> di Massimo Campi

> foto di Raul Zacchè/Actualfoto


Pioveva forte, quel giorno ad Hockenheim. Era il sette agosto e la rossa del francese vola sulla testa della Renault di Alain Prost nascosta da una nube d'acqua. E' la fine della carriera di Didier Pironi, tenace figlio di immigrati friulani che aveva le corse nel sangue. La sua vita non terminerà con questo schianto, ma si concluderà drammaticamente cinque anni dopo sempre a causa dell'acqua, ma in una gara di offshore.


Didier Pironi era nato il 26 Marzo 1952 a Villecresnes, un piccolo comune nella valle della Marna da genitori italiani originari del Friuli ed emigrati in Francia per lavoro. Lo sport lo aveva nel sangue, prima il nuoto, poi scopre i motori contagiato dal cugino José Dolhem che correva con le Lotus Seven. Didier si iscrisse così nel 1972 al volante Elf promosso dall'omonima compagnia petrolifera per trovare nuovi talenti dell'automobilismo transalpino e vince l'ambito trofeo al primo tentativo. 

Parte la sua carriera, F.Renault, F.3, F.2 ed infine la massima formula con l'ingresso nel circus iridato. Tyrrell, Ligier, Renault, infine Enzo Ferrari che scelse Pironi come compagno di Villeneuve al Cavallino Rampante in sostituzione del pensionato Scheckter.


Mauro Forghieri, con Harwey Postlethwaite, nel 1982 realizzano la nuova la 126 C2 una vettura nata bene, pronta per vincere il titolo mondiale. Ma sulla Ferrari aleggia un alone di sfortuna, il dramma inizia nel G.P. di San Marino, con la  lotta tra Villeneuve e Pironi. Vince il francese, per il canadese è un grave tradimento, il dramma di Zolder con la rossa di Villeneuve che vola sulle ruote di Jochen Mass segnerà gravemente la stagione di Maranello. La Ferrari in segno di lutto si ritira dalla gara, tutti gli occhi sono puntati su Pironi nel successivo G.P. di Montecarlo, con il francese che aveva addosso tutta la pressione della stampa e dei media per le vicende appena successe. Negli ultimi giri piove, Pironi si ritrova senza benzina sotto al tunnel, vince un incredulo Riccardo Patrese dopo essersi girato sull'asfalto viscido. Pironi venne comunque classificato secondo e salì ancora sul podio, incamerando punti importanti per la classifica del mondiale.

La stagione di Didier prosegue con un terzo posto a Detroit, poi in Canada con un nuovo dramma. Pironi conquista la pole sul tracciato canadese, ma al via brucia la frizione, rimane al palo con le macchine che cercano di evitarlo. Tragicamente non tutti riescono a passare la Rossa numero 28: Riccardo Paletti, in fondo allo schieramento è alla sua prima partenza in un GP con la Osella. L'urto è tremendo, Pironi è illeso e cerca subito di aiutare i marshalls canadesi ad estrarre lo sfortunato pilota milanese dai rottami della sua monoposto. La benzina sul motore rovente si incendia. Le fiamme vengono subito domate, ma per Paletti ci sono poche speranze infatti spirerà subito dopo il suo arrivo in ospedale. Didier riparte con il muletto, ma i problemi con l'accensione lo relegano ad un modesto nono posto finale. La malasorte continua ad aleggiare sulla squadra di Maranello e durante un'altra sessione di test al Paul Ricard, Pironi esce di pista a causa della rottura di una sospensione ad oltre 280 km/h. la vettura è distrutta, il francese se la cava con una costola incrinata e qualche escoriazione. Finalmente a Zandvoort, Pironi ottiene una vittoria schiacciante dopo essere partito dalla terza piazza. Seguono il secondo posto a Brands Hatch e il terzo nel GP di casa al Paul Ricard con il pilota transalpino in testa alla classifica iridata con 9 punti di vantaggio su John Watson della McLaren.


In agosto si corre in Germania, sul veloce circuito dell'Hockenheim Ring. Piove a dirotto durante la prove, la Good Year porta per la Ferrari le nuove gomme rain. La rossa 126 C2 vola sull'acqua, sembra che corra sull'asciutto tanto è il vantaggio. Pironi dopo aver completato un giro veloce rallenta e per agevolare il sorpasso da parte della Williams di Derek Daly si fa da parte uscendo di traiettoria, ma davanti procede molto lentamente la Renault di Prost avvolta in una nube d'acqua. Pironi non la vede, l'impatto è inevitabile: la 126 C2 vola e si ribalta più volte spezzandosi in due all'altezza della centina degli strumenti, finendo la sua corsa a bordo pista. Pironi è intrappolato fra le lamiere, è cosciente e urla come un matto che lo portino via di lì, teme che la vettura si incendi. La scena è agghiacciante, Didier ha le gambe malamente fratturate ed è sotto choc.


Gli addetti al soccorso impiegheranno venti minuti per estrarlo dai rottami della Ferrari. La corsa in ospedale è rapida e solo il tempestivo intervento dell'equipe medica tedesca riuscirà a salvargli le gambe. Però la sua carriera in F1 è finita. Per Pironi la convalescenza fu lunga e costellata di interventi chirurgici, ben 33 per riuscire a tornare ad essere quello di prima. Nel 1986 riesce a salire di nuovo su una F1 per un test, con la Ags, poi prova anche la Ligier ma alla fine non ci sono più i presupposti per un programma valido e Didier decide di abbandonare l'idea, ma non quella di essere uno sportivo professionista. Si da al mondo della motonautica, con gli scafi fabbricati da Tullio Abbate. Per il 1987 Pironi mette in campo uno scafo rivoluzionario costruito in Kevlar e fibra di carbonio, il Colibrì una barca molto più leggera rispetto alle concorrenti dirette, con la quale Pironi sogna di diventare Campione del Mondo Off-Shore.


Il 23 Agosto 1987, durante una gara nei pressi dell'Isola di Wight, Didier e il suo equipaggio sono nelle posizioni di testa e stanno duellando per il secondo posto, quando un'onda alzata da un'altra imbarcazione investe il motoscafo del transalpino che si impenna e cade capovolto a circa 170 km all'ora. Per gli occupanti non c'è scampo. Si conclude così drammaticamente l'ultima avventura di Didier Pironi, che sognava di vincere un titolo mondiale.


> 23 agosto 2022

foto di Raul Zacchè/Actualfoto

riproduzione riservata












venerdì 8 marzo 2024

Una serata a Monza all’insegna dei Fratelli Brambilla con il MAMS



di Massimo Campi - Foto ©Raul Zacchè e Archivio Brambilla

Walter e Peo Consonni sono nati vicino all’officina dei Fratelli Brambilla e sin da piccoli hanno respirato il profumo della benzina ed il suono dei motori, tanto che la loro madre spesso urlava dalla finestra che dovevano smettere di fare rumore perché i bambini dovevano dormire e subito arrivava la risposta del Tino “signora io devo lavorare, non sto giocando!”

Tino e Vittorio Brambilla sono stati impareggiabili protagonisti di importanti pagine della storia del motorsport nazionale ed internazionale. Caratteri forti, più fumantino Tino, più duro Vittorio, all’estero li chiamavano “Brambilla, the Monza’s gorilla!” ed erano in pochi quelli che osavano avvicinarsi a loro quando la battaglia prendeva pieghe storte in pista.

Walter e Peo, i due fratelli Consonni vicini di casa dei Brambilla, anche loro innamorati delle corse e della pista di Monza, non potevano che essere grandi tifosi dei Brambilla che scarrozzavano tra le vie della città con i loro motori rombanti e la domenica vincevano sull’asfalto dell’Autodromo. Giampiero “Peo” appena è riuscito è andato a lavorare nell’officina sotto la guida del Tino. Walter ha intrapreso un’altra strada, ma poi è tornato ale sue radici ed ha iniziato a narrare le gesta dei due fratelli brianzoli.

Il MAMS – Monza Auto Moto Storiche, ha voluto ricordare i Fratelli Brambilla con una serata dove Walter e Peo hanno raccontato alcuni dei tanti aneddoti che affollano i ricordi dei due personaggi monzesi.

Tino era il primogenito della famiglia e dopo avere corso in bicicletta e con i pattini a rotelle iniziò a correre con le moto. Tino amava la competizione e le sfide, l’importante era vincere, con qualsiasi mezzo, meglio se aveva un motore. Prima con i motorini, poi con la Rumi, infine con la MV dove conquista vittorie e campionati. Dalle due passa alle quattro ruote e, dopo avere conquistato gare ed il titolo di F.3, corre per la Ferrari portando alla vittoria il V6 Dino in Formula 2.
Vittorio segue le orme del fratello, corre per la Moto Guzzi e la Paton, debuttando in seguito con le quattro ruote. Vittorio Brambilla dopo avere vinto il Gran Premio d'Austria F1 con la March e l’incidente a Monza con la Surtees ha finito la carriera con la Formula 1 dell’Alfa Romeo progettata dall’ingegnere Chiti.













giovedì 22 febbraio 2024

Va all'asta la Dino 246 GTS del manager dei Led Zeppelin



Car & Classic mette all'asta la Dino 246 GTS di Peter Grant, l'uomo che ha guidato vita morte e miracoli della famosa band britannica dei Led Zeppelin. Un personaggio passato alla leggenda grazie al suo carisma e sulla cui vita sono stati girati documentari. È stato la mente imprenditoriale del gruppo durante tutta la sua esistenza, mantenendo sempre viva la fiamma di un simbolo del rock anni Settanta che ha fatto appassionare intere generazioni con il suo sound innovativo e la sua dirompente carica trasgressiva. Quale miglior gioiello a quattro ruote, allora, se non una favolosa Dino da abbinare a questa forte emozione di libertà? Una vera Stairway to Heaven, per dirla con uno dei pezzi più famosi del gruppo: una scala per salire in paradiso. Se non il paradiso stesso. Era il 1972 quando l'esuberante manager ha ordinato alla Maranello Concessionaires la versione aperta di questa meravigliosa Gran Turismo nata dalla Casa del Cavallino. Colore: Rosso Bordeaux non metallizzato e marrone per gli interni. Intanto i Led Zeppelin giravano il mondo in una serie di date che avrebbe dato vita al film concerto The Song Remains the Same.

Con le sue linee sinuose, la Dino è una delle auto più desiderate della storia. Uno dei capolavori mondiali assoluti del car design e dell'alta artigianalità italiana, nata dalla matita del grande stilista Aldo Brovarone per Pininfarina, con la carrozzeria firmata da Scaglietti. È equipaggiata con il motore Dino che prende il nome dal figlio di Enzo Ferrari (Alfredino, detto Dino) scomparso a soli 24 anni dopo aver sperimentato, appunto, il V6 di 2400cc che dà il nome al modello. Molto innovativa anche la posizione centrale posteriore trasversale del propulsore – alimentato da tre carburatori doppio corpo. Con i suoi 195 CV, la Dino 246 filava fino alla velocità di 235 km/h.


Come il resto della produzione, iniziata nel 1968 con la Dino 206 GT, anche la Spider, terzo ed ultimo capitolo del modello, venne marcata direttamente con il suo nome, senza il brand del Cavallo Rampante. Fu ottenuta dalla seconda versione, il Coupé Dino 246 GT, senza la parte superiore del padiglione e con accorgimenti quali la scocca rinforzata e un roll bar aggiunto nell'abitacolo per aumentarne la stabilità. La GTS è stata presentata al Salone di Ginevra del 1972: da allora, in due anni, ne sono stati prodotti 1.274 esemplari e ancora oggi, a più di mezzo secolo dal lancio, è capace di far sognare come poche altre vetture al mondo.

La vettura con telaio numero #06040 è una delle 235 esportate con guida a destra nel Regno Unito tra il 1972 e il 1973. Peter Grant ne è stato il primo proprietario: il secondo, subentrato dopo un anno, risiedeva a Londra, poi ne sono seguiti altrii due in Scozia. Nel febbraio del 1988 l'auto fu acquistata dalla Modena Engineering Ltd per il compleanno della moglie del titolare, dopo una riverniciatura e una revisione meccanica nel Surrey. E anche con l'aggiunta di nuovi pellami neri per l'interno e tappeti rossi, i quali sono stati poi ripristinati dal custode attuale in quanto ritenuti parte della storia dell'auto. Dopo alcuni lievi danni agli interni a causa di un incendio divampato in un garage all'inizio del 1990, la Dino è stata ceduta nel Buckinghamshire nello stesso anno. Lì il nuovo custode ha provveduto a far riparare il cruscotto e a sostituire il tachimetro danneggiati.


In quel periodo, diversi importanti specialisti Ferrari hanno lavorato all'esemplare, tra i quali GTO Engineering; finché, con altri due passaggi di mano, la Dino è giunta fino a noi in ottimo stato di manutenzione, pronta ad essere accolta da un nuovo appassionato. Molteplici sono i documenti originali che ne attestano la storia – compresa la fattura di vendita a Peter Grant – e non poche anche le pubblicazioni librarie in cui l'auto è citata, fra le quali il celebre volume sul modello Ferrari Dino di Anthony Curtis. Car & Classic stima un valore di vendita di 275.000-350.000 sterline e invita gli interessati ad avanzare le proprie offerte pre asta nella pagina dedicata.




sabato 17 febbraio 2024

Ferrari vs Ford, uno scontro epico nel motorsport che rivive a Monza grazie al M.A.M.S



di Massimo Campi

Foto ©Raul Zacchè e Archivio Marasca


Una guerra, quella tra Ferrari e Ford, durata dal 1964 al 1967, dopo la rinuncia di Enzo Ferrari a vendere la fabbrica di Maranello al colosso americano e la conseguente reazione di Henry Ford II° che ha messo in campo tutte le sue forze per sfidare il piccolo costruttore italiano che, ogni lunedì, era protagonista delle prime pagine dei giornali con le sue vittorie. Paolo Marasca, giornalista ed autore di diversi libri sulla sfida che ha appassionato il pubblico motoristico negli anni ’60 del secolo scorso, ha tenuto un incontro a Monza, con MonzaAutoMotoStoriche.

La contesa tra il Drake di Maranello ed il capitano di Detroit inizia ufficialmente nel 1964 quando la Ford debutta in Europa con la Ford GT alle prove della 24 ore di Le Mans, ma tutto parte tempo prima –precisa Paolo Marasca - quando tra Enzo Ferrari ed il colosso americano c’è stata una lunga trattativa per l’acquisto della fabbrica di Maranello. Enzo Ferrari, quasi sul punto di firmare la cessione dello stabilimento alla Ford, ha un momento di orgoglio, ci ripensa ed annulla la trattativa.

Il desiderio di Henry Ford è quello di dare agli americani una vettura sportiva granturismo a basso costo, come era nella filosofia americana, ma la Ferrari era una auto riservata ad una elite e non poteva essere una vettura per tutti!

Si sarebbe dovuto fare una Ford-Ferrari per la produzione di serie ed una Ferrari-Ford per la gestione dell’attività sportiva ma tutto salta in una riunione a Maranello

Era ormai tarda ora ed Enzo Ferrari chiese quale era la sua autonomia nel prendere decisioni riguardo alla squadra corse. La risposta fu che al massimo poteva essere per una spesa inferiore a 10.000 dollari. Ferrari si alzò in piedi, fece volare sul tavolo le bozze dell’accordo e li mandò tutti a quel paese I funzionari non poterono fare altro che telefonare a Detroit comunicando il fallimento delle trattativa. Henry Ford II fece subito contattare tutti i migliori progettisti di auto da competizione del mondo, lscelta cadde sulla collaborazione con Erick Broadley il patron della Lola, che aveva già pronto un prototipo su cui si sarebbe potuto montare un V8 di Detroit e da quel prototipo nacque la Ford GT40

Il primo anno la Ford ha bisogno di esperienza e collaudi

La nuova vettura venne fatta debuttare alla 1000 Km del Nurburgring 1964 con Phil Hill e Bruce McLaren, la GT40 ha inizialmente il cambio realizzato da Colotti che causa diverse rotture in gara per mancanza di affidabilità. Le GT40 alla 24 Ore di Le Mans 1964 sono veloci in prova ma le Ferrari dominano la gara ed occupano tutti i gradini del podio. Vincono Vaccarella-Guichet con la 275P seguite da due 330P

Inizia la stagione 1965, dopo la delusione di Le Mans 1964, Roy Lunn, il responsabile della Ford, affida lo sviluppo Carrol Shelby. 

“Nella struttura americana di Carrol Shelby viene sviluppata la GT40 che diventa una valida macchina da corsa nelle mani del progettista Phil Remington ed il pilota/collaudatore Ken Miles. Shelby era un ex pilota che aveva vinto a Le Mans con la Aston Martin, per un problema cardiaco aveva dovuto smettere con le competizioni ed aveva realizzato una propria casa costruttrice, la AC Cobra, Ken Miles è il pilota collaudatore della casa americana. E’ un ottimo collaudatore, ma un uomo con un carattere roccioso e difficile, poco incline al compromesso ed alle politiche sportive. Dopo le nuove evoluzioni gli americani dominano la prima parte della stagione con La Ford GT40 che ottiene la prima vittoria il 1 marzo 1965 a Daytona con Miles/Ruby, ed a Sebring 1965 arriva la prima vittoria della Chaparral con Jim Hall ed Hap Sharp

Si arriva alla tanto attesa 24 Ore Le Mans 1965, cosa successe in quella gara? 

“Sarà una edizione molto tirata. Ferrari e Ford corrono allo spasmo e tutte le macchine ufficiali di entrambe le squadre non arrivano in fondo per incidenti o problemi meccanici. Vince la Ferrari 250LM del Team Nart con Jochen Rindt e Masten Gregory, ma nella notte, sotto la pioggia e nella nebbia, sale anche il pilota di riserva Ed Hugus. Nessuno aveva potuto comunicare con il dovuto anticipo la sostituzione alla Direzione Gara, Hugus non viene poi nominato nella classifica pena la squalifica e la vera storia di quella notte è venuta a galla solo qualche anno fa dopo la morte di Ed”

Si arriva al Le Mans 1966, con il primo grande successo della Ford nella gara della Sarthe

La stagione 1966 inizia con il dominio della Ford a Daytona e Sebring con Ken Miles e Lloyd Ruby, mentre la Ferrari vince a Monza con John Surtees e Mike ParkesLa Ford GT40 con il V8 di 7 litri domina Le Mans 1966 contro la Ferrari 330P3 con il 12 cilindri di 4 litri. Vince Bruce McLaren davanti a Ken Miles rubandogli la vittoria. A pochi giri dalla fine, Henry Ford ordina alla squadra di fare un arrivo in parata. Ken Miles è in testa ma deve sottostare agli ordini di scuderia e si lascia raggiungere da Bruce McLaren. A poche decine di metri dal traguardo il neozelandese accelera e le macchie passano quasi appaiate sul traguardo. Ai fini della classifica la vittoria va alla Ford di Bruce McLaren e Chris Amon che era partita qualche metro più indietro della vettura di Miles e Hulme, quindi aveva fatto più strada, una vera beffa per Ken Miles! 

Per la stagione 1967 la Ferrari realizza la 330P4.

“La 330P4 è una evoluzione della precedente P3, una delle più belle vetture realizzate a Maranello che porterà nuovamente il titolo mondiale alla scuderia italiana. La Ferrari ad inizio 1967 vince a Daytona, con la parata per la stampa ideata da Direttore Sportivo Franco Lini, che avrà un grandissimo effetto sui media americani e mondiali.  A Le Mans 1967 vince la Ford Gt MK IV di Dan Gurney e A.J.Foyt in una gara sotto la pioggia con molti incidenti e rotture. A Brands Hatch, ultima gara della stagione, la Ferrari vince il titolo mondiale arrivando seconda dietro la Chaparral di Hill-Spence. Al volante ci sono Amon e Jackie Stewart, e sarà l’unica volta che il campione scozzese si siederà dentro l’abitacolo di una Ferrari ufficiale. Dopo il 1967 La Ford nel 1968 e 1969 continua a vincere nella gare di durata con la GT40 di 5 litri del Team di John Wyer.”