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martedì 18 maggio 2021

Gli 85 anni di Opel Kadett


Gli Anni Trenta furono per Opel un periodo di grande vitalità aziendale. In questo contesto 85 anni fa, nel 1935, la Casa tedesca, divenuta all’epoca la maggiore industria automobilistica nazionale con 100.000 unità prodotte all'anno, presentò due nuovi modelli destinati ad influenzare notevolmente i suoi futuri progetti: la Opel Olympia e la P4. La prima era un’automobile veramente rivoluzionaria. Era infatti la prima vettura tedesca costruita in serie con carrozzeria autoportante interamente in acciaio. Inizialmente equipaggiata con un motore di 1.300 cc da 26 CV (19 kW), nel biennio 1936-37 la Opel Olympia fu prodotta in oltre 80.000 esemplari. Costava 2.500 marchi.

Per contro la Opel P4 era tanto essenziale quanto la Olympia era moderna. Con un 4 cilindri di 1,1 litri ed un prezzo incredibilmente basso (1.650 Marchi, presto ulteriormente ridotto a 1.450 Marchi) era davvero un'ottima utilitaria, la risposta della Opel alla generale domanda di quell’"un'automobile per tutti" su cui lavorano i maggiori costruttori europei.

4 dicembre 1935: anteprima per la Opel Kadett
La Opel Kadett rappresentò una felice sintesi di questi due modelli. Dalla Olympia, rispetto alla quale si posizionava nel segmento di mercato immediatamente inferiore, ereditava la modernità generale del progetto e l'idea della carrozzeria autoportante; della più economica e tradizionale Opel P4 riprendeva invece il concetto di vettura utilitaria ed il motore di 1.073 cc.
La prima Opel Kadett fu presentata in anteprima il 4 dicembre 1935 alla fine di un anno nel corso del quale la Casa tedesca aveva prodotto 120.293 automobili, divenendo così la maggiore industria europea del settore.
La Opel Kadett aveva una carrozzeria compatta e leggera che veniva proposta sul mercato tedesco nella duplice versione berlina 2 porte e cabriolet. La versione berlina 4 porte con le porte incernierate ai montanti esterni per aprirsi al centro della fiancata era riservata invece all'esportazione.

La sua linea, che oggi potremmo definire "a due volumi", ricordava quella della Opel Olympia: parafanghi anteriori e fari parzialmente inseriti nella carrozzeria, due finestrini laterali (quello anteriore provvisto di deflettore), bagagliaio integrato all'esterno del quale era agganciata la ruota di scorta. L'alta mascherina anteriore era però più diritta ed inserita in modo più armonico con il frontale. La griglia era spezzata verticalmente da una modanatura cromata che conteneva il logo con la dicitura "Opel Kadett". Sopra di essa, in corrispondenza del cofano motore, spiccava la riproduzione stilizzata del dirigibile Zeppelin che in quegli anni era diventato praticamente il marchio di Opel.

Il motore era un 4 cilindri in linea di 1.073 cc a corsa lunga con distribuzione a valvole laterali che sviluppava 23 CV (12 kW). Disposto longitudinalmente all'interno del vano, trasmetteva il moto alle ruote posteriori attraverso un cambio a 3 marce ed un albero di trasmissione centrale. La sospensione anteriore era indipendente tipo Dubonnet con molle elicoidali incapsulate, mentre quella posteriore era a ponte rigido con balestre longitudinali semi-ellittiche. I quattro freni a tamburo con comando idraulico erano alloggiati all'interno delle ruote in acciaio da 16".
Questa prima Opel Kadett del 1936 raggiungeva una velocità massima di 98 km/h e percorreva 100 chilometri con 7,5 litri di benzina. Il pubblico tedesco accolse subito molto bene la Opel Kadett anche in virtù di un prezzo davvero contenuto anche per quell'epoca: solo 2.100 Marchi indipendentemente dalla versione (berlina 2 porte e cabriolet) prescelta.

Due anni dopo la seconda serie
Nel 1938 Opel presentò un'edizione parzialmente rinnovata della Opel Kadett. La nuova serie manteneva praticamente la stessa meccanica della precedente, ma la linea esterna, più arrotondata, finiva per farla assomigliare maggiormente alla Olympia di cui proprio quell'anno Opel proponeva una nuova edizione equipaggiata con un motore a valvole in testa di 1.500 cc. In particolare, la nuova Opel Kadett si riconosceva esternamente dal modello del 1936 per la mascherina non più diritta, bensì arrotondata lateralmente e caratterizzata da quattro elementi cromati trasversali ed uno verticale. Nuovo era anche il logo: il nome Opel compariva in alto al centro della mascherina, mentre quello della Kadett era scritto in verticale al centro di uno scudo smaltato.

La gamma si articolava ora su quattro diverse versioni. Il modello d'entrata era la berlina a 2 porte che, offerta all'"incredibile prezzo" di soli 1.795 Marchi, rappresentava una più che valida alternativa all'economica P4 da poco uscita di produzione. Per i clienti più esigenti c'erano invece le berline Special a 2 ed a 4 porte (al prezzo rispettivamente di 2.100 e 2.350 Marchi), riconoscibili esternamente per la presenza di copriruota, paraurti e modanature laterali cromate. Non mancava ovviamente la versione cabriolet proposta a 2.150 Marchi.

La Seconda Guerra Mondiale ormai alle porte non permise nel 1940 alla Opel di gioire appieno della milionesima autovettura prodotta (una Kapitan). Nondimeno vale la pena segnalare che, quando nell'ottobre di quello stesso anno la produzione automobilistica dovette essere interrotta, dallo stabilimento di Rüsselsheim erano già uscite 107.608 Kadett (l'ultima delle quali costruita nel Maggio 1940). In soli quattro anni la nuova arrivata rappresentava già più del 10% dell'intera produzione Opel.






sabato 13 febbraio 2021

Dalle Opel-Darracq alle Opel Motorwagen


Nel 1899, suo primo anno di attività in campo automobilistico Opel consegnò 11 veicoli, tutti fatti ancora a mano. L'auspicata produzione automobilistica era ancora di là da venire. La Patent-Motorwagen costruita su brevetto di Friedrich Lutzmann aveva portato la Opel sulla strada della prima produzione automobilistica e aveva acceso l'entusiasmo dei fratelli Opel nei confronti di questo nuovo prodotto industriale. Il crescente numero di veicoli circolanti sembrava del resto dar loro ragione: nel 1900 c'erano già 12.000 automobili nel mondo, 8.500 delle quali nella sola Europa.

Nella Primavera del 1901 i fratelli Carl, Wilhelm e Fritz Opel si recarono pertanto al Salone dell’Automobile di Parigi per osservare da vicino i prodotti della concorrenza e si resero presto conto che la Patent-Motorwagen doveva progredire per tenere il passo con il progresso tecnico. Fino alla fine del 1901 costruirono ancora alcuni esemplari giungendo, complessivamente, al numero di 65 veicoli prodotti a Rüsselsheim nella "era Lutzmann".

Un nuovo inizio con Alexandre Darracq

Naturalmente i fratelli Opel avevano cercato e trovato a Parigi nuovi contatti. Alla fine si rivolsero ad Alexandre Darracq di Suresnes, un altro dei pionieri dell'automobile, che, già noto per la sua propensione alle collaborazioni internazionali, non si fece pregare troppo per affacciarsi sul mercato tedesco con l'aiuto di Opel. Il contratto prevedeva che gli Opel sarebbero diventati i rappresentanti esclusivi della marca francese in Germania e nell'Impero Austro-Ungarico e che al tempo stesso avrebbero potuto montare carrozzerie proprie su telai Darracq importati dalla Francia. Un incentivo alla firma venne anche dalla fama guadagnata nelle competizioni dalle Darracq che avevano vinto in Francia molte importanti corse automobilistiche.


Quando, nel dicembre del 1901, il rappresentante di Darracq arrivò con la prima automobile a Rüsselsheim, sfidando neve e gelo, i fratelli Opel si convinsero che le Darracq avrebbero portato loro il successo. Con il successivo arrivo dei primi telai e veicoli completi Darracq, i fratelli Opel ebbero finalmente a disposizione quello che occorreva loro per guadagnarsi un posto anche in questo nuovo settore dell'industria. In particolare, si resero subito conto che un ostacolo al raggiungimento di alti livelli produttivi era rappresentato dalla laboriosa realizzazione delle carrozzerie, ancora fatte a mano ed in legno. Per questo motivo decisero di importare soprattutto gli autotelai. Su uno di questi, dotato di un 4 cilindri di 1.100 cc da 8 CV, fu montata una carrozzeria a 4 posti. Questo modello, venduto ad un prezzo inferiore ai 5.000 Marchi, contribuì a fare aumentare la produzione Opel-Darracq.

Mentre si montavano le prime Opel-Darracq, Fritz e Wilhelm Opel cercavano di sviluppare una propria vettura attingendo alle conoscenze della tecnologia francese. A questo scopo smontarono, ad esempio, fino all'ultimo bullone una Darracq 9 HP e la studiarono insieme con i loro tecnici. La prima Opel era in vista.

La prima Opel-Motorwagen

Una volta sostituiti o modificati i pezzi sui quali era parso necessario e possibile intervenire, fu presentata la prima vera Opel-Motorwagen. Parallelamente fu costruito anche un nuovo bicilindrico di 1.885 cc da 12 CV a 1.200 giri/minuto che racchiudeva la tecnologia più avanzata: asse a camme mosso da ingranaggi, radiatore a nido d'ape con ventilatore, pompa dell'olio automatica, accensione a batteria. La Opel 10/12 HP aveva soprattutto un telaio tanto basso da distanziarla finalmente anche in fatto d'estetica dai veicoli precedenti, ancora simili a carrozze a cavalli.
Questa automobile fu presentata per la prima volta al Salone dell'Automobile di Amburgo, nell'Autunno del 1902, per essere venduta per tre anni al prezzo di 6.000 Marchi come Opel-Motorwagen 10/12 HP.

Solo dieci mesi più tardi Opel sorprese i contemporanei presentando il suo primo motore a 4 cilindri. Realizzato sistemando due coppie di 2 cilindri una dietro l'altra. La sua novità più significativa era la sistemazione delle valvole sul fianco del cilindro: in questo modo era sufficiente un unico asse a camme per far funzionare il meccanismo delle valvole. Una pompa dell'olio mossa dal motore si occupava invece di fornire l'esatta quantità di lubrificante, a seconda della velocità. La cilindrata derivava ovviamente da quella del bicilindrico originale: con un alesaggio di 100 mm ed una corsa di 120 mm era esattamente di 3.770 cc. La Opel-Motorwagen 20 HP System Darracq non solo offriva prestazioni elevate, ma anche una migliore tenuta di strada grazie ad un telaio dal baricentro molto basso. Per rallentare c'erano 2 freni a nastro che agivano sull'assale posteriore.


Il divorzio da Alexandre Darracq

A Rüsselsheim si lavorava attivamente allo studio di quei modelli propri che avrebbero consentito di liberarsi definitivamente dalla dipendenza dalle licenze Darracq. Fu ridotto il numero dei modelli mono-bicilindrici e dal 1904 ci si concentrò su quelli a 4 cilindri che erano molto apprezzati dal pubblico. Poiché era sempre più evidente che, chi poteva permettersela, non voleva più rinunciare all'automobile, si pensò di realizzare un nuovo modello di lusso: nell’Estate del 1904 uscì la Opel Motorwagen 30/32 HP System Darracq che costava a partire da 17.000 Marchi. Il prezzo era alto, ma la macchina lo valeva tutto: motore a 4 cilindri di 4.700 cc da 30 CV, doppia accensione, freni a tamburo sulle ruote posteriori. C'era poi anche una versione leggermente più piccola che aveva un motore, sempre a 4 cilindri, ma di 3.100 cc di cilindrata da 18 CV.



Quando a Rüsselsheim si resero conto che i modelli di lusso si vendevano sempre meglio, completarono la gamma nel 1905 con la 35/40 HP di 6.800 cc e l'anno seguente con la 45/50 HP di 8 litri che non costava meno di 22.000 Marchi. Questi grandi modelli a 4 cilindri furono anche le prime automobili dotate di serie un cambio a 4 marce.

Nello stesso tempo gli Opel cominciarono a pensare di staccarsi da Alexandre Darracq. Nel 1905 le licenze di produzione e rappresentanza erano state prolungate di altri cinque anni, ma già nell'Inverno del 1906 la collaborazione venne interrotta dalla Opel. Apparentemente si era convinti che la propria tecnica fosse ormai così matura da poter fare a meno dell'aiuto francese. Per quel che riguardava la reputazione, oggi diremmo l' "immagine", i fratelli Opel se l'erano assicurata attraverso un'alta qualità, ottime condizioni di garanzia e naturalmente portando il nome della ditta sulla bocca di tutti tramite grandi vittorie sportive. In fondo, avrebbero tradito se stessi se non avessero fatto per l'automobile quanto avevano fatto per le biciclette.

Credits: Opel Comunicazione


lunedì 1 febbraio 2021

La scalata di Opel, dalla Lutzmann del 1899 alla nuova Opel Corsa del 2020


Correva l’anno 1940 e la Seconda Guerra Mondiale era iniziata da mesi, ma nello stabilimento Opel di Rüsselsheim la produzione sarebbe andata avanti ancora per qualche settimana, consentendo alla Casa tedesca di costruire la milionesima autovettura da quando, nel 1899, era entrata nel settore automobilistico. All’inizio della produzione Opel produceva solo 11 unità all'anno. Ciò nondimeno sette anni più tardi, nel 1906, la millesima Opel usciva dagli stabilimenti di Rüsselsheim e già nel 1912 fu la volta del decimillesimo esemplare, una Opel 20/100 HP.

La milionesima autovettura Opel - una berlina Kapitan – costruita nell’ottobre 1940, pochi giorni prima dell’interruzione della produzione - inaugurava una sorta di tradizione per cui queste tappe storiche della Casa di Rüsselsheim sarebbero state segnate da altrettante ammiraglie. La Opel Kapitan era uno dei modelli con i quali, alla fine degli Anni Trenta, Opel sfidava la migliore concorrenza nel segmento delle automobili di classe superiore, offrendo un alto livello di qualità e di finitura a prezzi molto più contenuti. Con questo modello la Casa tedesca disponeva proprio di una 6 cilindri all’altezza di tale compito. Oltre alla carrozzeria a scocca portante, la Opel Kapitan aveva sospensioni anteriori indipendenti, ammortizzatori idraulici, riscaldamento ad acqua con ventilatore elettrico e bocchette per disappannare il parabrezza: Pag. 2 tutte cose che all’epoca facevano sensazione. Per non parlare delle "fessure per il suono" che, come spiegava il catalogo dell'epoca, erano le "uscite" per la "fonte del suono". Autoradio ed amplificatori avevano trovato posto sulla Opel Kapitan. Il 9 novembre 1956 un’altra Kapitan fu invece la Opel prodotta numero due milioni. Aveva una carrozzeria che ricordava nella linea quelle delle automobili americane dell’epoca, nuove sospensioni, nonché paraurti, profili decorativi e coprimozzi cromati e un originale frontale a “bocca di pescecane”.

Il 25 maggio 1983 una Opel Senator CD di colore argento fu invece la 20milionesima Opel costruita. Seppure realizzata sulla stessa piattaforma della contemporanea Rekord con la quale le somiglianze tecniche ed estetiche erano evidenti, la Opel Senator era leggermente più lunga e spaziosa e presentava un frontale leggermente più largo e alcuni accorgimenti (come l'ampio uso di cromature, la nuova mascherina, l'arretramento del terzo montante e il terzo finestrino laterale) che le conferiva una fisionomia propria. Era inizialmente offerta con una gamma di propulsori a 6 cilindri che comprendeva un 2.800 da 140 CV e un 3,0 litri a carburatori da 150 CV oppure ad iniezione da 180 CV.

Il 23 Febbraio1989 una Opel Omega-A 3.0 Station Wagon ancora di colore argento fu la 25milionesima Opel prodotta. Con la presentazione della prima generazione di Opel Omega la casa tedesca non aveva cambiato solo il nome del suo modello di classe superiore, ma fatto anche un importante rinnovamento della sua immagine che assumeva una connotazione molto più dinamica. La linea della prima serie di Opel Omega era un indice evidente di questa inversione di tendenza. Il frontale spiovente, le fiancate lisce, i finestrini avvolgenti creavano una forma molto slanciata che si traduceva in un ottimo coefficiente di penetrazione aerodinamica (Cx) compreso fra 0,28 e 0,30 a seconda delle versioni. Tutto questo, unitamente alla particolare Pag. 3 cura dedicata alla tecnica motoristica, all’economia, al rispetto dell'ambiente e alla sicurezza, valse alla casa tedesca il secondo premio “Auto dell’Anno” nel giro di tre anni. 

Solo cinque anni più tardi, il 25 Aprile 1994, una Opel Omega-B MV6, ovvero la versione ad alte prestazioni della gamma, fu la 30milionesima Opel prodotta, mentre il 2 dicembre 1999 la Casa tedesca festeggiò un secolo di produzione automobilistica costruendo la sua 50milionesima automobile che, per la cronaca, era una Opel Omega-B. A differenza della prima serie, che si rivolgeva sia al tradizionale cliente Opel Rekord che ad un pubblico dinamico, la seconda si proponeva come una ragionevole alternativa ad alcuni modelli di prestigio. A tale proposito, mentre la prima serie (Opel Omega-A, 1986-1994) fu proposta sia con economiche motorizzazioni a benzina di 1.800 e 2.000 cc e 2.300 Diesel e turbodiesel che con poderosi 6 cilindri 3.000 a 12 e 24 valvole da 177 CV e 204 CV (senza dimenticare la spettacolare versione realizzata nel 1989 in collaborazione con la Lotus), la seconda serie (Opel Omega-B, 1994-2003) si segnalava invece per le linee più morbide e arrotondate, così come una serie di sofisticate motorizzazioni di 2.000-3.000 benzina e turbodiesel. Tra queste spiccavano un 6 cilindri in linea da 130 CV, un 2.000 ad iniezione diretta di gasolio e un 3.000 V6 a benzina da 210 CV.

Il 2020 è l’anno del lancio del modello Opel tecnologicamente più avanzato. La nuova Opel Corsa-e, con i suoi 337 km di autonomia secondo il ciclo WLTP, è perfetta per essere utilizzata tutti i giorni e la sua batteria da 50 kWh può essere ricaricata fino all’80% della sua capacità in soli 30 minuti. Tre le modalità di guida: Normal, Eco e Sport per prediligere la massima efficienza o dinamismo e sportività, in base alle condizioni. Con una potenza di 100 kW e una coppia istantanea massima di 260 Nm, infatti, Opel Corsae spicca per reattività, agilità e dinamismo, passando da 0 a 100 km/h in soli 8,1 secondi. Numeri da vera sportiva. Su nuova Opel Corsa-e debuttano tecnologie e sistemi di assistenza alla guida solitamente presenti in segmenti di mercato superiori, come i fari anteriori adattivi Intellilux LED® matrix Pag. 4 che non abbagliano gli altri automobilisti e che Opel mette a disposizione del grande pubblico per la prima volta nella categoria delle piccole, secondo la propria tradizione consolidata in 121 anni di vetture Opel. Gli otto moduli a LED sono controllati dalla telecamera anteriore ad alta risoluzione e adattano automaticamente e continuamente il fascio di luce in base al traffico e all’ambiente circostante. Ma anche l’allerta incidente con frenata automatica di emergenza e riconoscimento pedoni, attivo tra i 5 e gli 85 km/h, il riconoscimento cartelli stradali, il Cruise control basato su radar e il Sistema di protezione della fiancata Flank guard basato su sensori, entrambi offerti in opzione. 

Ma non è tutto, sono disponibili anche il Sistema di mantenimento della corsia di marcia e quello di centraggio, l’Allerta angolo cieco laterale, la Retrocamera con visione a 180 gradi e diversi sistemi di assistenza al parcheggio. Con il nuovo infotainment, inoltre, Opel Corsa e i suoi passeggeri possono viaggiare sempre connessi. Il Multimedia Navi con schermo touch a colori da 7 pollici e il top di gamma Multimedia Navi Pro con schermo touch a colori da 10 pollici offrono anche il nuovo servizio telematico “OpelConnect”, con funzioni utili per la vita di tutti i giorni come la Navigazione live con informazioni sul traffico in tempo reale, il collegamento diretto con il soccorso stradale e la chiamata di emergenza ecall. Tanta tecnologia è accessibile ad un vasto pubblico. Grazie agli incentivi statali e a quelli Opel e ai vantaggi economici delle proprie vetture elettriche, Opel Corsa-e può vantare costi d’uso in linea con quelli di Corsa benzina e diesel: a parità di costi è il desiderio di elettrificazione del cliente a guidare l’acquisto, rendendo finalmente l’elettrificazione accessibile a tutti.

Credits: Opel Comunicazione

venerdì 15 gennaio 2021

Opel Astra Coupè OPC X-Treme: figlia del DTM


Porte con aperture ad ala di gabbiano, motore 4.000-V8 da 444 CV (326 kW), 4 secondi scarsi per accelerare da 0 a 100 km/h, oltre 300 km/h di velocità massima. Queste sono solo alcune delle straordinarie caratteristiche dell’Opel Astra Coupè OPC X-Treme, la supercar realizzata 20 anni fa da Opel, nel 2001, sulla base della la vettura che allora partecipava al campionato tedesco DTM (Deutsche Tourenwagen Meisterschaft). Una straordinaria dimostrazione di come fosse possibile realizzare una supercar per impiego stradale partendo da una vettura da competizione.

Il progetto aveva preso forma sotto la supervisione dell'OPC (Opel Performance Center GmbH), responsabile a livello europeo dell'attività sportiva della Casa tedesca, nonché dello sviluppo di esclusivi modelli ad alte prestazioni. Nata nell'arco di sole sette settimane dalla stretta collaborazione con il Centro Internazionale Ricerche Tecniche, Opel Astra Coupé OPC X-Treme personificava con il suo aspetto molto speciale quella dinamicità e quelle conoscenze tecniche che Opel trasmette in tutti i suoi nuovi modelli.

Il concetto generale di questa sportivissima automobile dagli elevati contenuti tecnici era molto simile a quello della versione da competizione che all’inizio degli anni duemila correva nel DTM. Il nucleo centrale di sicurezza della carrozzeria aveva porte che si aprivano ad ala di gabbiano ed un telaio a tralicci. Molte componenti erano in fibra di carbonio ad alta resistenza. Il motore ad 8 cilindri a V di 4.000 cc aveva 4 valvole per cilindro ed era collegato alle ruote posteriori motrici attraverso un cambio a 6 marce montato in posizione transaxle. Le sospensioni anteriori e posteriori erano a doppi bracci oscillanti sovrapposti, mentre l'impianto frenante si avvaleva di 4 dischi in fibra di carbonio.

Circa la metà delle componenti della versione da corsa erano state modificate o riprogettate in funzione dell'impiego stradale della vettura. La carrozzeria era stata resa più armoniosa arrotondando il frontale e la coda, ammorbidendo gli elementi di transizione della carrozzeria, adottando ruote da 20 pollici con fermo centrale realizzate su progetto della stessa OPC ed un'originale colorazione rosso brillante studiata appositamente per la X-Treme. I rivestimenti interni in Alcantara, le finiture in alluminio satinato e i molti dettagli realizzati a mano che si trovavano all'interno della vettura combinavano un carattere sportivo con un'aria molto tecnologica. In particolare, i sedili con cinture di sicurezza a 5 punti avevano gusci di carbonio rinforzato come quelli della versione che correva nel DTM, pur essendo molto più confortevoli visto che era destinati ad accogliere normali guidatori e non piloti.

Anche il motore era stato modificato in funzione di un impiego stradale. Erano stati ritoccati la fasatura della distribuzione ed il software della gestione elettronica, era stato abbassato il rapporto di compressione ed aumentata la massa del volano in modo che le caratteristiche operative del motore fossero più vicine alle esigenze di un utilizzo quotidiano. Nondimeno, con una potenza massima di 444 CV (326 kW) ed un peso a vuoto di soli 1.150 kg, Opel Astra Coupé OPC X-Treme era una delle più veloci automobili sportive del momento.

Credits: Opel Comunicazione

mercoledì 6 gennaio 2021

La trasformazione del marchio Opel


Milano. Il nuovo logo del marchio Opel, il nuovo font Opel Next ed il colore giallo brillante sono solo l’ultima tappa in ordine di tempo di un processo di comunicazione avviato quasi 160 anni fa e che da allora ha tenuto il passo dei tempi. L’evoluzione di un marchio infatti va al di là di mere questioni tecniche e grafiche e ci illustra in modo estremamente concreto anche i profondi cambiamenti avvenuti da un secolo e mezzo a questa parte in fatto di comunicazione e di design industriale. In questo caso specifico poi la storia del marchio Opel finisce quasi con l’identificarsi con quella della Casa tedesca, accompagnandone ed illustrandone non solo la crescita, ma anche lo sviluppo aziendale e la sua stessa produzione.

1862: nel nome del fondatore

Il primo marchio Opel risale al 1862, anno di fondazione della società. All’epoca questa è ancora un’azienda a carattere poco più che famigliare. Non c’è da stupirsi se, forse con un pizzico di orgoglio autocelebrativo di Adam Opel, il primo logo sia un incastro in stile neoclassico delle lettere “A” ed “O” ovvero le iniziali del fondatore. La prima apparizione di questo logo avviene quello stesso 1862 sotto forma di una piastra in ghisa applicata sulle macchine da cucire prodotte allora a Rüsselsheim.

Biciclette, motociclette, automobili

Un logo nuovo arriva verso il 1890, quando la Casa tedesca entra nel settore delle biciclette. Applicato con una piastra sul manubrio del modello Victoria Blitz abbina l’immagine della dea Vittoria, che vola in modo protettivo sul ciclista, al nome “blitz” (“lampo” in tedesco) che è sinonimo di velocità e che in seguito troverà ulteriori applicazioni e spazio nella storia della produzione Opel.
L’inizio XX Secolo ed il sempre maggiore impegno del costruttore nei settori delle automobili e delle motociclette coincide con un radicale mutamento del marchio che appare più semplice e pulito con il solo nome “Opel” scritto in corsivo. Una sua versione leggermente modificata viene presentata nel 1909 sulla “Docktorwagen” (l’”automobile del dottore”), il modello Opel di maggior successo dell’epoca.

1910: l’”occhio Opel”

L’anno seguente il marchio viene però nuovamente stravolto. Nel corso di un incontro con Wilhelm Von Opel, allora direttore dell’azienda, Ernest Louis, granduca di Hesse, abbozza quello che diventerà famoso come l’”occhio Opel”: un’immagine allungata (a forma di occhio, per l’appunto) con al centro della pupilla il nome “Opel” scritto a caratteri maiuscoli. Pur restando, fino al 1935, il marchio della Casa tedesca, l’”occhio Opel” è oggetto di molte evoluzioni e varianti. Nel 1928 viene inserito, ad esempio, all’interno di un cerchio di colore rosso per distinguere la produzione motociclistica da quella automobilistica.

1935: il dirigibile

Un altro marchio completamente nuovo compare verso la metà degli Anni Trenta e ha per oggetto un dirigibile stilizzato. All’epoca lo Zeppelin è sinonimo di innovazione e di progresso tecnologico. La Casa tedesca cavalca questa immagine e, nell’estate del 1936, invia la 500millesima vettura prodotta (una Opel Olympia) da Friedrichshafen a Rio de Janeiro a bordo del dirigibile Hindeburg. Così facendo, la “prima automobile volante” avrebbe dovuto legare idealmente le Olimpiadi di Berlino di quell’anno a quelle che si sarebbero dovute svolgere nel 1940 nella città brasiliana. Nel 1937 l’immagine stilizzata del dirigibile, inserito all’interno di un cerchio che suggerisce la ruota, simbolo di mobilità, debutta sul volante e sul copriruota di scorta della Opel Super 6 e viene poi ripreso anche sulla Opel Admiral.

Secondo Dopoguerra: il siluro, il razzo, il lampo

Nel XX Secolo la tecnologia corre velocemente. Quello che negli Anni Trenta è simbolo di innovazione, alla fine degli Anni Quaranta è qualcosa di già superato. Il dirigibile non fa eccezione. Nel 1947 la sua immagine si arricchisce di una pinna con la quale lo si vuole rendere più simile ad un siluro. Il risultato non è molto soddisfacente (qualcuno lo chiama il “sigaro volante”) e la sagoma cambia gradualmente fino a farlo assomigliare prima a quella di un razzo (1951) e poi di un lampo lucente (1963).
Torna così alla ribalta il “blitz”, il lampo per l’appunto, nome già ben noto ai proprietari di autocarri e di biciclette Opel. Dopo essere stato utilizzato su queste ultime alla fine dell’Ottocento, nel 1930 il nome “Blitz” era stato ripreso nel 1930 attraverso un concorso indetto tra il pubblico in un annuncio pubblicitario a tutta pagina su un quotidiano. Nel Secondo Dopoguerra il nome “Blitz” identificò i veicoli commerciali Opel.
Negli Anni Sessanta e Settanta compaiono molte varianti del “blitz” che viene inserito in vari modi all’interno di quadrato di colore giallo insieme al nome “Opel” scritto interamente in maiuscolo con caratteri gradualmente diversi in ossequio all’evoluzione del design. Il colore giallo scompare dal marchio Opel verso la metà degli Anni Novanta quando il nome “Opel” ed il “blitz” sono proposti uno di seguito all’altro in nero su fondo bianco.

Anni 2000: tridimensionale di colore argento

Come era stato cento anni prima, all’inizio del XXI Secolo, il marchio Opel è oggetto di una nuova rivoluzione, questa volta all’insegna del tridimensionale e del colore argento: così sono infatti riproposti il cerchio ed il “blitz” in esso contenuto. Il lampo tridimensionale con gli angoli inclinati ha quella che i designer dell’epoca definiscono una forma “araldica”. Sotto di esso compare il nome “Opel” in un caldo colore giallo.
Un’evoluzione di questo marchio debutta nel 2008 in coincidenza con il lancio di Opel Insignia. Il “blitz” assume una forma più sferica, mentre il nome “Opel” è impresso sopra all’anello circostante che ha un aspetto più massiccio. «Le superfici sono più arrotondate ed al tempo stesso si combinano con quella idea di “precisione tedesca” che è alla base del nostro marchio e che è molto coerente con il linguaggio stilistico generale e la filosofia dei nostri prodotti» spiegano all’epoca i designer della Casa tedesca.

2020. New Opel

Oggi il nuovo marchio New Opel che dall’inizio del 2021 vedremo sui nuovi Opel Crossland e Mokka esprime quella democratizzazione dell'innovazione e della mobilità che è sempre stato lo spirito Opel con la sua “corporate identity” fresca. Il viaggio nel futuro era iniziato con il concept Opel GT X Experimental. Questo studio aveva già mostrato il nuovo Opel Blitz come l'emblema sul veicolo. La firma distintiva era in giallo neon che ora è diventato il giallo Opel della nuova corporate identity. Con Opel Mokka, la Casa di Rüsselsheim ha poi presentato la prima vettura di produzione con il nuovo volto Opel, il Vizor, e il prossimo design della plancia, il Pure Panel. Ora Opel presenta ulteriori elementi del suo nuovo aspetto, nel dettaglio: nuovo logo, nuovo font, nuovo colore: New Opel.

Credits: Opel Comunicazione

























martedì 24 novembre 2020

Opel Corsa-e vince la Coppa di regolarità FIA E-rally



Rüsselsheim. Già vincitrice di numerosi premi e, di recente, del "Volante d'oro 2020", la Opel Corsa-e si è affermata anche nel motorsport. Iscritta per la prima volta alle competizioni internazionali, la Opel Corsa-e si è assicurata il suo primo titolo, la FIA E-Rally Regularity Cup (ERRC) del 2020.


Istituito dalla Fédération Internationale de l'Automobile (FIA) per promuovere le energie alternative nel motorsport, l'ERRC diventa ogni anno più importante. Riservata esclusivamente alle vetture di serie, la competizione abbina un rally di regolarità cronometrato al decimo di secondo con una classifica di efficienza in cui ogni Watt-ora (Wh) viene conteggiato.

Lanciato con un calendario di otto eventi, il FIA ERRC 2020 è stato adattato agli effetti della pandemia di Covid-19. Iniziata durante l'estate, la stagione è stata accorciata e si è rivelata la più dura della storia, con l'ingresso di cinque campioni internazionali, altrettanti campioni nazionali provenienti da Francia, Italia, Spagna e Portogallo e da una dozzina di produttori, tra cui VW, Renault, BMW, Mercedes e Tesla.


La Opel Corsa-e con pilota Artur Prusak e co-pilota Thierry Benchetrit ha preso il comando nel primo turno con una vittoria in Islanda. Opel ha conquistato il titolo con altri due podi in Portogallo e Spagna.

Cronometrata al decimo di secondo per centinaia di chilometri, la Opel Corsa-e ha stabilito un record di consumo energetico medio, pari a 12,7 kWh, per 100 km durante il campionato. Nel corso della stagione, nessun altro modello della dozzina di marchi coinvolti è stato così efficiente.


"Il FIA ERRC richiede la guida più fluida possibile per mantenere le velocità medie specificate dal regolamento, senza sprecare energia", spiega Artur Prusak, il pilota campione nel 2015, 2016 e 2020. "È questo equilibrio che rende il campionato così interessante e il motivo per cui sempre più concorrenti stanno entrando. Abbiamo guadagnato rapidamente il vantaggio grazie alla Opel Corsa-e e il vantaggio è cresciuto dopo ogni rally."


"Grazie alla sua agilità e tecnologia, la Opel Corsa-e si è dimostrata l'auto più competitiva, su qualunque dal terreno", dice Thierry Benchetrit, che è il primo navigatore ad essere incoronato quattro volte nella ERRC. "In montagna, in pianura, in città, siamo sempre stati in prima linea in termini di efficienza e regolarità."


Durante il campionato, Prusak e Benchetrit hanno ricevuto supporto logistico da Opel in Francia e nei Paesi che hanno ospitato i rally.


FIA E-Rally Regularity Cup 2020 – Classifica Finale

                                                          Punti

1                      Opel                            78

2                      Volkswagen                70.5

3                      Renault                       45

4                      MG                              36

5                      Peugeot                      24

6                      BMW                           22.5

7                      Hyundai                      18

8                      Kia                              18

9                      Nissan                        15

10                    Mercedes                     3

11                    Tesla                            1.5

giovedì 10 settembre 2020

Opel Experimental GT, la prima concept car europea


Concept car, show car, prototipi da salone… sono quegli esemplari unici che ai saloni anticipano un modello di prossima introduzione sul mercato oppure una nuova tendenza stilistica. La tendenza nacque negli Stati Uniti, ma 55 anni fa, al Salone di Francoforte 1965, debuttò la prima concept car “made in Europe”: la Opel GT Experimental, destinata ad anticipare l’iconica Opel GT coupè.

Progettata da Clare M. McKichan, la Opel Experimental GT era uno spettacolare prototipo che usciva da quelli che all’epoca sono i canoni classici della Casa di Rüsselsheim. Sulla piattaforma della Opel Kadett-B, presentata anch’essa allo stesso Salone di Francoforte del 1965, montava una carrozzeria caratterizzata da un frontale appuntito, fari a scomparsa, imponenti parafanghi arrotondati e un’originale coda tronca sulla quale spiccavano quattro luci circolari. E poi c’erano le fiancate a forma di bottiglia di Coca Cola.


«Se osservate una bottiglia di Coca Cola, noterete subito come, dopo aver raggiunto la sua massima larghezza, la sua forma si restringe improvvisamente per allargarsi di nuovo. Ora immaginate che all’apertura della bottiglia corrisponda il frontale della nostra automobile ed alla sua base la parte posteriore» spiegavano i progettisti presentando i concetti stilistici che avevano ispirato la linea della Opel Experimental GT. «Per la regola delle aree di Richard T. Whitcomb, un aumento e una successiva riduzione graduale della sezione, permette di contenere la resistenza aerodinamica. Abbiamo applicato questo concetto inserendo una rientranza nelle fiancate subito prima dei parafanghi posteriori».

In effetti la Opel Experimental GT sembrava più il prodotto di un carrozziere italiano che di una multinazionale. Il pubblico ne fu subito entusiasta. “Sarà prodotta in serie e venduta ai prezzi notoriamente ragionevoli delle Opel?” chiedevano i visitatori e gli addetti ai lavori. La risposta era negativa. «La Experimental GT è semplicemente un laboratorio su ruote ad alte prestazioni che può essere impiegato per le prove ad alta velocità di motori e sospensioni»


La vettura esposta al salone era in effetti un esemplare unico costruito a mano. Il nome però rivelava il vero scopo di questa vettura. Il prototipo esposto non era inteso tanto a dimostrare la propensione degli ingegneri Opel alle ricerche avanzate quanto a scoprire quale mercato potesse avere una simile coupé fra i giovani e i non più giovani di età ma di spirito sportivo.

La Casa di Rüsselsheim cominciò pertanto a considerare seriamente l'idea di costruire in serie una coupé. In particolare, un'indagine di mercato rivelò che c'era una fascia di pubblico di 25-35 anni disposta a spendere una cifra attorno ai 10.000 Marchi per una simile vettura. La risposta era insomma positiva al di là di qualsiasi previsione e alla luce anche di questo enorme interesse la direzione della Opel, che inizialmente era riluttante, decise di costruire la Opel GT.

Era la prima volta in assoluto che un costruttore europeo costruiva in serie un modello ispirato ad un prototipo esposto ad un salone. Nell’Autunno del 1968 a soli sei anni di distanza dai primi schizzi della concept, la Opel GT fu esposta nella sua veste definitiva al Salone di Francoforte. E fu un grande successo.

Credits: Comunicazione Opel Italia


martedì 4 agosto 2020

Fast times: Joachim Winkelhock da 20 anni alla Opel


È arrivato alla Opel 20 anni fa, fresco vincitore di Le Mans. Joachim Winkelhock ha gareggiato nel nuovo DTM (Deutsche Tourenwagen Masters) con l’Opel-Astra V8 Coupé da 460 CV, rimanendo da allora fedele al Marchio di Rüsselsheim: per quattro anni come pilota e da 16 anni come ambasciatore del Marchio.

"Joachim Winkelhock è un fantastico ambasciatore del nostro Marchio", afferma Michael Lohscheller, CEO di Opel. "Nonostante tutto il suo successo nel motorsport, è rimasto una persona “normale”, con i piedi per terra e sempre disponibile per i suoi fan. Lo adorano quando guida uno dei nostri classici ai raduni vintage. Con la sua abilità e il suo talento, ha anche sviluppato molti dei nostri modelli sportivi. Grazie, Jockel, per i 20 anni di eccellente lavoro di squadra!”


Pilota di Formula 1, campione del British Touring, vincitore del DTM e di Le Mans, ambasciatore del Marchio Opel: tutto questo e molto altro è Joachim Winkelhock. Nel Regno Unito, è famoso come "Smokin 'Jo" per il fumo che si sprigiona dai pneumatici posteriori e la sua precedente passione per le sigarette. In Germania, tutti lo chiamano "Jockel", che suona un po' come "fantino" e quindi si adatta alla sua figura minuta.
Jockel ha vinto i campionati tedesco ed europeo di Formula 3 nel 1988 nel team WTS del manager di Michael Schumacher, Willi Weber. Solo un anno dopo, è entrato in F1 con AGS prima di entrare nel mondo delle auto da turismo a tempo pieno. Nel 1993, "Smokin 'Jo" divenne campione del campionato britannico con la BMW. Ha poi incoronato la sua carriera con la squadra bavarese nel 1999 vincendo la leggendaria 24 Ore di Le Mans.


Fu a margine di questo evento che Winkelhock ebbe i primi colloqui segreti con i rappresentanti di Rüsselsheim. "All'inizio non pensavo di muovermi, ma la gente di Opel mi voleva e non si arrendeva", ricorda. La tenacia ha dato i suoi frutti e Winkelhock è tornato al DTM con Opel nel 2000. "Avevamo dei piloti davvero forti", afferma Jockel, che ha portato l'Astra V8 Coupé in pole position nella sua gara preferita al Norisring di Norimberga. "Come ricompensa, il team ha ricostruito la mia auto prima dell'inizio della gara – l’aveva dotata di spettacolari porte ad ali di gabbiano!". Così hanno ispirato il pilota che ha prontamente vinto la prima gara. Dopo quattro stagioni DTM con Opel, Jockel ha appeso il casco alla fine del 2003 - per sempre. "Non ho mai più corso".


Non più gare da professionista, ma a Jockel piace ancora guidare i gioielli dal forziere di Opel Classic ai raduni vintage. “Ho due auto preferite! Innanzitutto, la Opel Kadett B 1900 Rallye del 1971 guidata da Anders Kulläng. Questa vettura ha reso Opel molto popolare tra i privati ed è qualcosa di simile a un antenato della nuova Opel Corsa-e Rally. Poi c'è la Opel Admiral V8 – un’auto da corsa molto bilanciata. Con la grossa testata V8 che rimbomba sotto il cofano, la Opel Admiral galleggia come un divano su ruote. Preferibilmente con mia moglie Sally seduta accanto a me.”

Purtroppo quest'anno non è stato possibile. Tuttavia, Sally e Joachim Winkelhock hanno compensato provando la Opel Grandland X, il primo ibrido plug-in parcheggiato nel vialetto di famiglia. "Da casa posso scivolare silenziosamente ed elettricamente verso l’autostrada, dove guido con la mia normale auto aziendale da Rüsselsheim".


Credits: Opel Comunicazione

sabato 25 luglio 2020

60 anni di Opel Rekord P2


La Opel Rekord è un’evidente espressione del miracolo economico iniziato alla vigilia degli Anni Sessanta, un’epoca in cui il pubblico cominciò a richiedere automobili più belle, spaziose e moderne.
In particolare, la Opel Rekord P2, presentata al Salone di Francoforte del 1960 assecondava in pieno questa tendenza. Pur essendo una chiara evoluzione della Opel Olympia Rekord P1 (di cui peraltro conservava gran parte della meccanica a cominciare dai motori di 1.500 e di 1.700 cc, rispettivamente da 50 CV e da 55 CV), aveva infatti un’estetica completamente nuova che staccava definitivamente il design Opel da quello americano: niente più curve eccessive e pinne posteriori, ma soprattutto un uso moderato delle cromature.


Inizialmente disponibile solo nelle versioni berlina a 2 porte e Caravan (station wagon), presto affiancate da una berlina 4 porte e l’anno seguente una personalissima coupè, caratterizzata da un tetto molto corto e basso, si rivelò un indiscutibile successo commerciale, come dimostrano la produzione di 1.400-1.500 esemplari al giorno e le 754.385 unità vendute in soli tre anni.

Il successo commerciale conferma i consensi della stampa

“La nuova Opel Rekord P2 ha una veste esteriore completamente nuova che dietro ricorda le linee della Kapitan, pur mantenendo invariati il motore e le sospensioni” scriveva la tedesca Motor-Revue, nell'Autunno del 1960. “La nuova carrozzeria corrisponde alla moda di oggi che offre all'automobilista ben più di un puro piacere estetico”. Rispetto al modello precedente, la Opel Rekord P2 aveva le linee generali più tese e maggiori superfici vetrate, ma anche il corpo vettura leggermente più lungo a fronte di un interasse invariato. Dal frontale spariva la calandra ovale a forma di bocca per fare posto a una calandra a tutta larghezza con nove listelli orizzontali che sconfinava leggermente anche nei parafanghi anteriori integrando al suo interno anche gli indicatori di direzione. Era ancora presente il famoso parabrezza panoramico, così come pure il lunotto, anche se il loro disegno avvolgente si fece in questo caso meno estremo e soprattutto sparivano i montanti anteriori e posteriori a inclinazione rovesciata.

“La visibilità risulta migliorata in tutte le direzioni grazie ai grandi finestrini, nonostante la rinuncia al lunotto panoramico tipico delle versioni precedenti” scriveva ancora Motor-Revue. “In questo modo si è facilitato l'accesso, specialmente nella versione a 4 porte, anche se le porte anteriori devono essere forzatamente un po' più piccole. Il cruscotto, insieme ad altri particolari dell'interno, ha ricevuto una veste completamente nuova. Il tachimetro, pur restando dello stesso tipo, è stato fornito di un indicatore di velocità a diversi colori”. In pratica, si trattava di un esclusivo tachimetro a nastro che cambiava colore in base alla velocità della vettura: verde fino a 50 km/h, arancione fino a 100 km/h, rosso oltre 100 km/h, consentendo, come sottolineava la pubblicità Opel dell’epoca “un più agevole controllo della velocità, specialmente nei tragitti urbani”.

La Opel P2 Coupè precorre i tempi

Un discorso a parte merita l’inedita coupè (versione assente nella precedente gamma P1), presentata nell'agosto 1961, che si differenziava dalla berlina a 2 porte per l'altezza del corpo vettura ridotta di 8 cm e per il lunotto molto più inclinato in avanti che riduceva inevitabilmente l'abitabilità nella parte posteriore dell'abitacolo. Un’altra particolarità era rappresentata dalla motorizzazione in quando la vettura era disponibile esclusivamente con una speciale versione potenziata a CV del 4 cilindri di 1,7 litri che l’anno seguente andò a equipaggiare anche la versione Lusso della berlina 4 porte. Pur essendo destinata a un mercato di nicchia, la Opel Rekord P2 Coupè riscosse un buon successo commerciale (12.000 esemplari prodotti nei primi sei mesi), ma soprattutto anticipò il mercato delle coupè 2+2 posti da famiglia che qualche anno dopo trovò espressione nella Opel Manta.

La produzione della Opel Rekord P2 cessò nel Febbraio 1963.

Credits: Media Opel

mercoledì 1 luglio 2020

OPEL ITALIA È ANCORA PARTNER DI MISANO WORLD CIRCUIT


Misano World Circuit, 1 luglio 2020 – Anche nel 2020 Opel Italia tramite la concessionaria riminese Opel Marcar è partner di Misano World Circuit insieme ai prestigiosi brand che affiancano il circuito internazionale nell’attività annuale.

“Si conferma una collaborazione solida – il commento di Andrea Albani, managing director MWC – in una stagione che è nata con le complicazioni che sappiamo, ma che promette un’evoluzione positiva se continueremo tutti ad agire con responsabilità e nel rispetto dei protocolli di sicurezza. Opel Marcar è una azienda leader del territorio con i suoi oltre 50 anni di attività e ciò assume ulteriore significato perché conferma il nostro legame con le aziende della Riders’ Land”.


“MWC è il luogo magnetico nel quale si esprime la passione per il motorsport, ma dove trovano occasione di comunicazione i grandi brand della filiera automobilistica – commentano Marco Ciavatta, titolare di Opel Marcar e il District Manager Opel Italia Paolo Paroli – Il circuito concentra anche le tecnologie più innovative, che qui si sperimentano e si affermano. Opel Marcar è naturalmente interessata a tutto ciò, mettendo a disposizione mezzi utili a svolgere servizi in pista e di rappresentanza con mezzi ad alimentazione elettrica ed ibrida”.

Grazie a Opel Italia saranno ‘targate’ Marcar la Medical Car ufficiale di MWC, con il modello Grandland X Hybrid a disposizione del team di medici guidato dal Dott. Eraldo Berardi e una courtesy car Grandland X Hybrid, oltre alla nuova Opel Corsa elettrica.
 La consegna ufficiale è avvenuta a Misano World Circuit nel corso dei test organizzati da ACI Sport.

(SMART Comunicazione)

venerdì 12 giugno 2020

Opel Blitz, l’autocarro leggero

Ottanta anni fa, nelle settimane immediatamente successivi al Crollo di Wall Street, anche Opel, come tantissime altre imprese in tutto il mondo, dovette affrontare le conseguenze della Grande Depressione. Anche a Rüsselsheim si dovette licenziare una parte del personale, ma, mentre altre aziende dichiararono fallimento, alla Opel almeno le catene di montaggio rimasero in funzione, sia pure a ritmo ridotto. Cessata la produzione dei grandi modelli a 6 cilindri per i quali non c'era ormai più clientela, ci si rivolse di nuovo ai modelli piccoli per mezzo dei quali si era superata la depressione del Primo Dopoguerra.

La recessione portò però anche qualche vantaggio: i controlli di qualità, ad esempio, migliorarono sensibilmente e furono effettuati utilizzando un maggior numero di persone. L'inizio dell'orario di lavoro fu anticipato per permettere ai dipendenti di occuparsi, dopo il lavoro in fabbrica, dei loro orti e campi che allora erano determinanti per il mantenimento delle famiglie. A partire dall'Estate 1930 furono inoltre organizzate delle visite guidate alla fabbrica che contribuirono anch'esse, sia pure in minima parte, al fatturato della ditta.


1930: un grande concorso a premi

Nel 1930 l’azienda indisse un concorso nazionale per scegliere il nome del nuovo autocarro leggero con motore a 4 cilindri di 2,6 litri che sarebbe uscito sul mercato l'anno successivo. Il primo premio consisteva in una autovettura Opel 4/20 HP, quelli dal secondo al quinto in una motocicletta Opel Motoclub. L'eco fu immensa: 1.500.000 persone parteciparono al concorso. Alla fine la giuria scelse il nome Blitz ("fulmine") che riprendeva il nome di una bicicletta, Victoria Blitz, costruita da Opel esattamente 40 anni prima, e che era destinata a entrare nella storia della Casa tedesca, come simbolo grafico del suo marchio.

L'autocarro leggero Blitz si conquistò una fama quasi leggendaria che durò fino agli Anni '70 contribuendo allo sviluppo dell'azienda. La domanda di questo modello, che veniva fornito con una gran varietà di allestimenti differenti e passi diversi, crebbe tanto rapidamente che nel giro di otto mesi la Opel si vide costretta ad aprire una nuova fabbrica, dedicata esclusivamente ai veicoli industriali, a Brandeburgo, in cui assemblare i camion da 2,0 e da 2,5 tonnellate.

Ad essi si affiancò, nel 1936, il Blitz S (dove la lettera "S" stava per "Standard"), un autocarro da 3 tonnellate equipaggiato con il motore Admiral di 3.600 cc. Questo nuovo autocarro che, come volevano la normativa del Ministero del Traffico, era in grado di muoversi in fuoristrada, era disponibile anche nelle versioni a trazione integrale e semi-cingolato (con il nome di Maultier, cioè "mulo").  La Opel ne costruì complessivamente oltre 130.000 esemplari, fino a quando la fabbrica di Brandeburgo non fu distrutta dai bombardamenti alleati.

1946: la ripresa della produzione

La produzione dell'Opel Blitz riprese nel 1946 a Rüsselsheim. Il primo cliente del Dopoguerra fu un imprenditore di Wiesbaden che pagò 6.600 Marchi un Opel Blitz dotato di un motore a 6 cilindri in linea di 2473 cc da 55 CV (40 kW), lo stesso motore usato nel 1938 per la prima Kapitan che ora era disponibile con alimentazione a benzina e a gasogeno. L’Opel Blitz si rivelò un mezzo indispensabile per l'industria e l'artigianato: le sue vendite passarono dalle 3.219 unità del 1947 alle 11.574 del 1949.

Nel 1952 ne fu presentata una nuova versione da 1,9 tonnellate caratterizzata fra l'altro da linee più moderne e arrotondate. Prodotta fino al 1960, in 89.767 unità, diede origine a numerose allestimenti speciali. Nel 1960 fu presentato un Opel Blitz sensibilmente rinnovato: un autocarro leggero da 1,9 tonnellate disponibile con 2 passi diversi (3.000 e 3.300 mm). Equipaggiato con il motore della Kapitan maggiorato a 2.605 cc da 70 CV (52 kW) - successivamente portata a 80 CV (59 kW) - raggiungeva una velocità di circa 100 km/h. Per chi poi avesse voluto un motore Diesel, c'era un economico 2.100 da 60 CV (44 kW) di derivazione Peugeot.

Dotato in seguito del 4 cilindri da 70 CV (52 kW) della Opel Rekord, il Blitz da 1,9 tonnellate restò in produzione fino al 1972 quando la produzione dei veicoli commerciali leggeri fu trasferita da Rüsselsheim negli stabilimenti della Bedford, in Inghilterra.

Gli Opel Blitz che arrivarono in Italia in pochi esemplari alla fine degli Anni '60 erano i modelli della serie 300-350-375 DL con motori Diesel di 2.112 cc da 67 CV (49 kW) e di 2.490 cc da 96 CV (71 kW) oppure a benzina di 1.897 cc da 83 CV (61 kW). La produzione del Opel Blitz cessò definitivamente nel 1975.

Credits: Opel Comunicazione