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venerdì 8 marzo 2024

Una serata a Monza all’insegna dei Fratelli Brambilla con il MAMS



di Massimo Campi - Foto ©Raul Zacchè e Archivio Brambilla

Walter e Peo Consonni sono nati vicino all’officina dei Fratelli Brambilla e sin da piccoli hanno respirato il profumo della benzina ed il suono dei motori, tanto che la loro madre spesso urlava dalla finestra che dovevano smettere di fare rumore perché i bambini dovevano dormire e subito arrivava la risposta del Tino “signora io devo lavorare, non sto giocando!”

Tino e Vittorio Brambilla sono stati impareggiabili protagonisti di importanti pagine della storia del motorsport nazionale ed internazionale. Caratteri forti, più fumantino Tino, più duro Vittorio, all’estero li chiamavano “Brambilla, the Monza’s gorilla!” ed erano in pochi quelli che osavano avvicinarsi a loro quando la battaglia prendeva pieghe storte in pista.

Walter e Peo, i due fratelli Consonni vicini di casa dei Brambilla, anche loro innamorati delle corse e della pista di Monza, non potevano che essere grandi tifosi dei Brambilla che scarrozzavano tra le vie della città con i loro motori rombanti e la domenica vincevano sull’asfalto dell’Autodromo. Giampiero “Peo” appena è riuscito è andato a lavorare nell’officina sotto la guida del Tino. Walter ha intrapreso un’altra strada, ma poi è tornato ale sue radici ed ha iniziato a narrare le gesta dei due fratelli brianzoli.

Il MAMS – Monza Auto Moto Storiche, ha voluto ricordare i Fratelli Brambilla con una serata dove Walter e Peo hanno raccontato alcuni dei tanti aneddoti che affollano i ricordi dei due personaggi monzesi.

Tino era il primogenito della famiglia e dopo avere corso in bicicletta e con i pattini a rotelle iniziò a correre con le moto. Tino amava la competizione e le sfide, l’importante era vincere, con qualsiasi mezzo, meglio se aveva un motore. Prima con i motorini, poi con la Rumi, infine con la MV dove conquista vittorie e campionati. Dalle due passa alle quattro ruote e, dopo avere conquistato gare ed il titolo di F.3, corre per la Ferrari portando alla vittoria il V6 Dino in Formula 2.
Vittorio segue le orme del fratello, corre per la Moto Guzzi e la Paton, debuttando in seguito con le quattro ruote. Vittorio Brambilla dopo avere vinto il Gran Premio d'Austria F1 con la March e l’incidente a Monza con la Surtees ha finito la carriera con la Formula 1 dell’Alfa Romeo progettata dall’ingegnere Chiti.













giovedì 22 febbraio 2024

Va all'asta la Dino 246 GTS del manager dei Led Zeppelin



Car & Classic mette all'asta la Dino 246 GTS di Peter Grant, l'uomo che ha guidato vita morte e miracoli della famosa band britannica dei Led Zeppelin. Un personaggio passato alla leggenda grazie al suo carisma e sulla cui vita sono stati girati documentari. È stato la mente imprenditoriale del gruppo durante tutta la sua esistenza, mantenendo sempre viva la fiamma di un simbolo del rock anni Settanta che ha fatto appassionare intere generazioni con il suo sound innovativo e la sua dirompente carica trasgressiva. Quale miglior gioiello a quattro ruote, allora, se non una favolosa Dino da abbinare a questa forte emozione di libertà? Una vera Stairway to Heaven, per dirla con uno dei pezzi più famosi del gruppo: una scala per salire in paradiso. Se non il paradiso stesso. Era il 1972 quando l'esuberante manager ha ordinato alla Maranello Concessionaires la versione aperta di questa meravigliosa Gran Turismo nata dalla Casa del Cavallino. Colore: Rosso Bordeaux non metallizzato e marrone per gli interni. Intanto i Led Zeppelin giravano il mondo in una serie di date che avrebbe dato vita al film concerto The Song Remains the Same.

Con le sue linee sinuose, la Dino è una delle auto più desiderate della storia. Uno dei capolavori mondiali assoluti del car design e dell'alta artigianalità italiana, nata dalla matita del grande stilista Aldo Brovarone per Pininfarina, con la carrozzeria firmata da Scaglietti. È equipaggiata con il motore Dino che prende il nome dal figlio di Enzo Ferrari (Alfredino, detto Dino) scomparso a soli 24 anni dopo aver sperimentato, appunto, il V6 di 2400cc che dà il nome al modello. Molto innovativa anche la posizione centrale posteriore trasversale del propulsore – alimentato da tre carburatori doppio corpo. Con i suoi 195 CV, la Dino 246 filava fino alla velocità di 235 km/h.


Come il resto della produzione, iniziata nel 1968 con la Dino 206 GT, anche la Spider, terzo ed ultimo capitolo del modello, venne marcata direttamente con il suo nome, senza il brand del Cavallo Rampante. Fu ottenuta dalla seconda versione, il Coupé Dino 246 GT, senza la parte superiore del padiglione e con accorgimenti quali la scocca rinforzata e un roll bar aggiunto nell'abitacolo per aumentarne la stabilità. La GTS è stata presentata al Salone di Ginevra del 1972: da allora, in due anni, ne sono stati prodotti 1.274 esemplari e ancora oggi, a più di mezzo secolo dal lancio, è capace di far sognare come poche altre vetture al mondo.

La vettura con telaio numero #06040 è una delle 235 esportate con guida a destra nel Regno Unito tra il 1972 e il 1973. Peter Grant ne è stato il primo proprietario: il secondo, subentrato dopo un anno, risiedeva a Londra, poi ne sono seguiti altrii due in Scozia. Nel febbraio del 1988 l'auto fu acquistata dalla Modena Engineering Ltd per il compleanno della moglie del titolare, dopo una riverniciatura e una revisione meccanica nel Surrey. E anche con l'aggiunta di nuovi pellami neri per l'interno e tappeti rossi, i quali sono stati poi ripristinati dal custode attuale in quanto ritenuti parte della storia dell'auto. Dopo alcuni lievi danni agli interni a causa di un incendio divampato in un garage all'inizio del 1990, la Dino è stata ceduta nel Buckinghamshire nello stesso anno. Lì il nuovo custode ha provveduto a far riparare il cruscotto e a sostituire il tachimetro danneggiati.


In quel periodo, diversi importanti specialisti Ferrari hanno lavorato all'esemplare, tra i quali GTO Engineering; finché, con altri due passaggi di mano, la Dino è giunta fino a noi in ottimo stato di manutenzione, pronta ad essere accolta da un nuovo appassionato. Molteplici sono i documenti originali che ne attestano la storia – compresa la fattura di vendita a Peter Grant – e non poche anche le pubblicazioni librarie in cui l'auto è citata, fra le quali il celebre volume sul modello Ferrari Dino di Anthony Curtis. Car & Classic stima un valore di vendita di 275.000-350.000 sterline e invita gli interessati ad avanzare le proprie offerte pre asta nella pagina dedicata.




sabato 17 febbraio 2024

Ferrari vs Ford, uno scontro epico nel motorsport che rivive a Monza grazie al M.A.M.S



di Massimo Campi

Foto ©Raul Zacchè e Archivio Marasca


Una guerra, quella tra Ferrari e Ford, durata dal 1964 al 1967, dopo la rinuncia di Enzo Ferrari a vendere la fabbrica di Maranello al colosso americano e la conseguente reazione di Henry Ford II° che ha messo in campo tutte le sue forze per sfidare il piccolo costruttore italiano che, ogni lunedì, era protagonista delle prime pagine dei giornali con le sue vittorie. Paolo Marasca, giornalista ed autore di diversi libri sulla sfida che ha appassionato il pubblico motoristico negli anni ’60 del secolo scorso, ha tenuto un incontro a Monza, con MonzaAutoMotoStoriche.

La contesa tra il Drake di Maranello ed il capitano di Detroit inizia ufficialmente nel 1964 quando la Ford debutta in Europa con la Ford GT alle prove della 24 ore di Le Mans, ma tutto parte tempo prima –precisa Paolo Marasca - quando tra Enzo Ferrari ed il colosso americano c’è stata una lunga trattativa per l’acquisto della fabbrica di Maranello. Enzo Ferrari, quasi sul punto di firmare la cessione dello stabilimento alla Ford, ha un momento di orgoglio, ci ripensa ed annulla la trattativa.

Il desiderio di Henry Ford è quello di dare agli americani una vettura sportiva granturismo a basso costo, come era nella filosofia americana, ma la Ferrari era una auto riservata ad una elite e non poteva essere una vettura per tutti!

Si sarebbe dovuto fare una Ford-Ferrari per la produzione di serie ed una Ferrari-Ford per la gestione dell’attività sportiva ma tutto salta in una riunione a Maranello

Era ormai tarda ora ed Enzo Ferrari chiese quale era la sua autonomia nel prendere decisioni riguardo alla squadra corse. La risposta fu che al massimo poteva essere per una spesa inferiore a 10.000 dollari. Ferrari si alzò in piedi, fece volare sul tavolo le bozze dell’accordo e li mandò tutti a quel paese I funzionari non poterono fare altro che telefonare a Detroit comunicando il fallimento delle trattativa. Henry Ford II fece subito contattare tutti i migliori progettisti di auto da competizione del mondo, lscelta cadde sulla collaborazione con Erick Broadley il patron della Lola, che aveva già pronto un prototipo su cui si sarebbe potuto montare un V8 di Detroit e da quel prototipo nacque la Ford GT40

Il primo anno la Ford ha bisogno di esperienza e collaudi

La nuova vettura venne fatta debuttare alla 1000 Km del Nurburgring 1964 con Phil Hill e Bruce McLaren, la GT40 ha inizialmente il cambio realizzato da Colotti che causa diverse rotture in gara per mancanza di affidabilità. Le GT40 alla 24 Ore di Le Mans 1964 sono veloci in prova ma le Ferrari dominano la gara ed occupano tutti i gradini del podio. Vincono Vaccarella-Guichet con la 275P seguite da due 330P

Inizia la stagione 1965, dopo la delusione di Le Mans 1964, Roy Lunn, il responsabile della Ford, affida lo sviluppo Carrol Shelby. 

“Nella struttura americana di Carrol Shelby viene sviluppata la GT40 che diventa una valida macchina da corsa nelle mani del progettista Phil Remington ed il pilota/collaudatore Ken Miles. Shelby era un ex pilota che aveva vinto a Le Mans con la Aston Martin, per un problema cardiaco aveva dovuto smettere con le competizioni ed aveva realizzato una propria casa costruttrice, la AC Cobra, Ken Miles è il pilota collaudatore della casa americana. E’ un ottimo collaudatore, ma un uomo con un carattere roccioso e difficile, poco incline al compromesso ed alle politiche sportive. Dopo le nuove evoluzioni gli americani dominano la prima parte della stagione con La Ford GT40 che ottiene la prima vittoria il 1 marzo 1965 a Daytona con Miles/Ruby, ed a Sebring 1965 arriva la prima vittoria della Chaparral con Jim Hall ed Hap Sharp

Si arriva alla tanto attesa 24 Ore Le Mans 1965, cosa successe in quella gara? 

“Sarà una edizione molto tirata. Ferrari e Ford corrono allo spasmo e tutte le macchine ufficiali di entrambe le squadre non arrivano in fondo per incidenti o problemi meccanici. Vince la Ferrari 250LM del Team Nart con Jochen Rindt e Masten Gregory, ma nella notte, sotto la pioggia e nella nebbia, sale anche il pilota di riserva Ed Hugus. Nessuno aveva potuto comunicare con il dovuto anticipo la sostituzione alla Direzione Gara, Hugus non viene poi nominato nella classifica pena la squalifica e la vera storia di quella notte è venuta a galla solo qualche anno fa dopo la morte di Ed”

Si arriva al Le Mans 1966, con il primo grande successo della Ford nella gara della Sarthe

La stagione 1966 inizia con il dominio della Ford a Daytona e Sebring con Ken Miles e Lloyd Ruby, mentre la Ferrari vince a Monza con John Surtees e Mike ParkesLa Ford GT40 con il V8 di 7 litri domina Le Mans 1966 contro la Ferrari 330P3 con il 12 cilindri di 4 litri. Vince Bruce McLaren davanti a Ken Miles rubandogli la vittoria. A pochi giri dalla fine, Henry Ford ordina alla squadra di fare un arrivo in parata. Ken Miles è in testa ma deve sottostare agli ordini di scuderia e si lascia raggiungere da Bruce McLaren. A poche decine di metri dal traguardo il neozelandese accelera e le macchie passano quasi appaiate sul traguardo. Ai fini della classifica la vittoria va alla Ford di Bruce McLaren e Chris Amon che era partita qualche metro più indietro della vettura di Miles e Hulme, quindi aveva fatto più strada, una vera beffa per Ken Miles! 

Per la stagione 1967 la Ferrari realizza la 330P4.

“La 330P4 è una evoluzione della precedente P3, una delle più belle vetture realizzate a Maranello che porterà nuovamente il titolo mondiale alla scuderia italiana. La Ferrari ad inizio 1967 vince a Daytona, con la parata per la stampa ideata da Direttore Sportivo Franco Lini, che avrà un grandissimo effetto sui media americani e mondiali.  A Le Mans 1967 vince la Ford Gt MK IV di Dan Gurney e A.J.Foyt in una gara sotto la pioggia con molti incidenti e rotture. A Brands Hatch, ultima gara della stagione, la Ferrari vince il titolo mondiale arrivando seconda dietro la Chaparral di Hill-Spence. Al volante ci sono Amon e Jackie Stewart, e sarà l’unica volta che il campione scozzese si siederà dentro l’abitacolo di una Ferrari ufficiale. Dopo il 1967 La Ford nel 1968 e 1969 continua a vincere nella gare di durata con la GT40 di 5 litri del Team di John Wyer.”



martedì 13 febbraio 2024

MIGUEL ÁNGEL GUERRA A IMOLA CON LA MARCH BETA F1 PER IL DOCU-FILM SU VITTORIO BRAMBILLA E BETA MARCH TEAM


Il prossimo 1 Marzo il campione argentino Miguel Angel Guerra arriverà all’Autodromo di Imola, per rendere omaggio a Vittorio Brambilla attraverso il “Progetto Beta”. 

Migel Ángel Guerra sarà al volante della March Beta F1 numero 9 del 1976 per due giorni di riprese volte alla realizzazione del docufilm dedicato al pilota monzese e al Beta March Team.

 

“Voglio innanzitutto ringraziare l’amico Roberto Farneti per aver pensato e me e avermi invitato a prendere parte a questo ambizioso progetto di Beta in ricordo di Vittorio Brambilla. Sono entusiasta di tornare al volante della March Beta F1 761, una macchina straordinaria che ho già avuto modo di apprezzare in questi ultimi anni proprio in occasione dell’Historic Minardi Day a Imola, grazie alla disponibilità e generosità di Roberto” il commento di Miguel Ángel Guerra.



Nella foto da sinistra: Miguel Ángel Guerra, Gian Carlo Minardi, Roberto Farneti (Historic Minardi Day, Imola)

sabato 20 gennaio 2024

Arnaldo Bernacchini racconta al MAMS i rallies visti dal sedile del navigatore


di Massimo Campi - Immagini ©Raul Zacchè e Archivio Bernacchini

Arnaldo Bernacchini è stato uno dei più famosi personaggi nel mondo dei rally mondiali. Commissario di gara, pilota, navigatore, organizzatore, sono questi i tanti volti della sua lunga carriera. Il Monza Auto Moto Storiche lo ha incontrato durante una serata condotta dal Presidente Luigi Ubezio e dall’esperto Ugo Vicenzi, fotografo, appassionato ed autore di libri sul motorsport con la partecipazione anche di Maurizio Verini. Nato nel 1941, Bernacchini è un uomo con una serie infinita di ricordi ed aneddoti su quel mondo che ha rappresentato una parte importante della sua vita. La passione per le corse arriva ben presto nella vita di Arnaldo.

“il primo entusiasmante ricordo risale a quando ero un bambino di sei anni quando mio padre mi ha portato a vedere il Gran Premio d’Italia del 1947 sul circuito stradale che era stato realizzato a Milano attorno alla zona del Portello, che poi diventerà la Fiera Campionaria. L’odore di benzina, i suoni, i colori e l’Alfa Romeo 158 che sfreccia sull’asfalto e vince la gara con Carlo Felice Trossi. A 20 anni inizio a fare il commissario di pista a Monza. La prima gara in cui mi ritrovo al bordo della pista è il drammatico Gran Premio del 1961, con il dramma di Von Trips.”

Dal bordo delle pista Bernacchini passa alla guida di una macchina da corsa e fa il suo debutto nel mondo dei rally

“Romolo Tavoni, nel 1965, crea la Formula 875 Monza, con il motore della Fiat 500 Giardiniera ed il prezzo di sole 875.000 Lire. Convinco mio padre all’acquisto della monoposto che aspetto con grande trepidazione. Intanto inizia la stagione 1965 dove continuo a fare il commissario di pista e tra i colleghi di percorso c’era Rossi che mi porta nella sede del Jolly Club in Piazza della Repubblica a Milano per conoscere l’ambiente. Era il mese di febbraio e stavano preparando il Rally dei Fiori che finiva a Sanremo. Mi presentarono Angiolini che mi propose di iniziare come navigatore di rally al fianco di Stefano Monti, anche lui alla prima gara, con la sua Alfa Romeo Giulietta del 1959 preparata da Baggioli. Era uno nuova esperienza e così è iniziata la mia avventura come navigatore, aspettando quella di pilota con la F.875 Monza.”

Con le monoposto corre tre stagioni.

“Finito il mio primo rally ero pronto ad entrare nell’abitacolo della mia CRM F.875 Monza. Inizio subito bene, sono terzo alla prima gara e quarto alla seconda, alla fine stagione sono terzo in classifica generale. In quelle due stagioni dove ho partecipato al Trofeo Cadetti come pilota, continuavo l’attività come copilota nei rally ed oltre alla F.875 Monza ho guidato nel 1967 la F.850 con cui ho fatto due gare in pista, a Monza e Vallelunga e quattro gare in salita”.

Alla fine Bernacchini abbandona l’abitacolo delle piccole formule addestrative e sceglie i rally

“I rally mi attiravano sempre di più e l’esperienza con le monoposto è finita con lo scambio tra la mia Bellasi Formula 850 ed una Fulvia Gr.1. Inizio la stagione 1969 con il Rally di Sanremo alla guida della Lancia in coppia con Piero Sodano come navigatore. L’ultimo rally della stagione era L’Alpe della Luna ad Arezzo, allora mi sono portato dietro mia moglie ed una sera, dopo avere passato tutta la giornata a fare le note, arriviamo nella pensioncina dove dormivamo ed il proprietario mi dice che dovevo richiamare al telefono un certo signor Munari. Chiamo subito Sandro, ci conoscevamo, mi dice che il suo navigatore John Davenport non poteva partecipare al rally per via della licenza straniera non ammessa a quella gara italiana ed aveva bisogno di un sostituto. Rimango sorpreso dalla richiesta, chiamo subito Roberto Angiolini spiegando la richiesta di Munari che subito ribadisce - non si può dire no al Drago ed a Fiorio, stai scherzando? Molla la tua Fulvia e vai subito a fare il navigatore di Sandro!”

Da quella esperienza nasce la collaborazione con la Lancia ufficiale

“Il mattino dopo parto con Munari per fare un giro di ricognizione con le note di Davemport, subito ci siamo trovati in sintonia e siamo arrivati solo secondi per colpa di un problema di accensione che ci ha fatto prendere un minuto di ritardo ad un controllo orario. Dopo il rally ho riportato anche il muletto della Lancia fino a Torino ricevendo i ringraziamenti e le congratulazioni da Cesare Fiorio. Sono ritornato al mio lavoro giornaliero con la compagnia dei taxi di famiglia quando arriva una nuova telefonata, era la segretaria di Fiorio che mi chiedeva se volevo fare il San Martino di Castrozza con Munari. Ovviamente accetto, va tutto bene, da quel momento cambia la mia vita ed entro a far parte della squadra ufficiale del marchio torinese.”

Bernacchini, al fianco di Sandro Munari vince il titolo italiano rally 1969. Arnaldo in seguito corre con i più grandi piloti dell’epoca: Munari, Ballestrieri, Barbasio, Pinto, Carello, Verini, Bacchelli, Pianta, Bettega, Zanussi, Tognana e Adartico Vudafieri, con il quale vince il campionato europeo nel 1981. Oltre alla tuta da pilota indossa anche quella da organizzatore nel Reparto Corse ed occasionalmente ritorna a leggere le note nell’abitacolo con vari piloti tra cui Michele Alboreto facendo da navigatore in una edizione del Monza Rally Show con l’Alfa Romeo 155DTM.
























giovedì 18 gennaio 2024

La nascita della Dallara

 


di Massimo Campi – immagini Raul Zacchè


La storia di Giampaolo Dallara inizia nel 1959, quando viene chiamato a Maranello per lavorare in Ferrari dopo la laurea in ingegneria aeronautica. Una prima esperienza fondamentale che avrà il seguito nella Casa del Tridente tre anni dopo. Nel 1963 l’Ingegnere Dallara è il Direttore Tecnico della Lamborghini e nel 1966 è uno degli artefici della leggendaria Miura, la Granturismo che rivoluziona il mondo delle supercar. Il progetto della prima Formula 1 arriva nel 1969 con la De Tommaso per il Team di Frank Williams, ma intanto l’Ingegnere Dallara inizia a studiare una piccola vettura sport che prenderà la luce tre anni dopo.

Il 15 gennaio 1972 a Varano de’ Melegari viene fondata la Dallara Automobili. Nella piccola sede in provincia di Parma inizia la produzione di vetture Sport Prototipo ed in contemporanea nascono una serie di collaborazioni esterne con importanti marchi che vogliono sviluppare vetture da competizione. Tra i primi progetti sviluppati a Varano ci sono quelli con la Lancia e la Dallara contribuisce alla realizzazione della Lancia Stratos ed in seguito la Beta Montecarlo Turbo, Rally 037, LC1 e LC2. 

Il marchio Dallara si afferma negli anni ’80 con la realizzazione delle prime monoposto di Formula 3. A Varano si investe nei macchinari per la lavorazione dei compositi e le monoposto parmensi invadono il campionato con vetture sempre più vincenti. 

I successi della factory si espandono anche oltre oceano, e la Dallara monopolizza il mercato delle monoposto per le gare Indy americane. Oggi il costruttore italiano è presente con le sue monoposto in tutti i campionati Formula 3, è il fornitore unico di vetture ai campionati IndyCar, Indy Lights, World Series by Renault, Super Formula e Formula E.

In Formula 1, dopo la De Tommaso, ha realizzato i telai per la Scuderia Italia a fine degli anni ’80, poi ha collaborato con la Honda e nel 2009 ritorna nella massima formula 1 con la scuderia Campos Grand Prix e dal 2016 fornisce il telaio alla Haas. Ha realizzato anche le prime Ferrari F333SP, la barchetta che ha segnato il ritorno del cavallino rampante tra le ruote coperte.

A Varano si è sempre investito nelle tecnologie di avanguardia, nel 1980 viene realizzata una prima galleria del vento cui seguirà una seconda e vien realizzato anche un simulatore di guida per la Formula 1. La Dallara Academy nasce nel 2018 ed è una struttura polifunzionale con laboratori didattici per lo studio dell'aerodinamica. 

Il 16 novembre del 2016, giorno dell'ottantesimo compleanno di Giampaolo Dallara, viene presentata la dallara Stradale, una barchetta priva di portiere, una vettura nata da un sogno dell’Ingegnere parmense, una macchina con caratteristiche di guida eccezionali con prestazioni al top. Una vettura costruita per potere guidare sulla strada ed in pista con il massimo divertimento grazie al il ridottissimo peso, ottenuto con l'utilizzo della fibra di carbonio per telaio, carrozzeria e componenti meccaniche, che si attesta a soli 855 kg a secco e il carico aerodinamico di 820 kg alla velocità massima, che permette alla vettura di superare i 2 G di accelerazione laterale in curva. L’attività della dallara continua con importanti collaborazioni con la Ferrari per la 499P e la Cadillac nel WEC. 


martedì 9 gennaio 2024

Alberto Colombo, campione con poca fortuna




di Luciano Passoni 

Il mondo dell’automobilismo sportivo piange la figura di Alberto Colombo. Gli appassionati, i tifosi e gli addetti ai lavori ricordano ancora la sua inconfondibile figura che appartiene a quella generazione di “ragazzi”, nata nell’immediato dopoguerra, che inseguiva il sogno della partecipazione al mondo delle grandi corse, stimolati dal mito di Monza e del suo autodromo, a due passi da Varedo, dove era nato, dei grandi piloti quali Ascari, Villoresi, Castellotti, se non Bandini e Baghetti, e dei costruttori, su tutti Ferrari e Alfa Romeo. L’occasione è data, nella seconda metà degli anni ’60, dalla nascita della Formula 875 Monza, la categoria che contribuì al lancio dei piloti che poi si sono fatti onore, proprio in quei Gran Premi tanto ambiti, tra la metà degli anni ’70 e gli anni ’90. Alberto comincia con una CRM sponsorizzato dai Cerchi SanRemo, l’azienda di famiglia, che darà il nome anche ai Team che formerà in anni successivi. Passa poi alla LAB, acquistata da tale Pizzetti di Rivolta D’Adda. Costui non l’ha mai usata in gara per la forte contrarietà del padre che era gestore del Samoa, ristorante e night club della cittadina cremasca, e non voleva sentir parlare di corse al punto da desiderare, per il figlio, passatempi e “paradisi” diversi. “Preferirei vederlo fuggire con una delle ballerine del mio locale” affermava.

Da subito, Alberto si dimostra forte vincendo, nel 1968, quattro gare; un anno combattuto e travagliato, molte squalifiche tra i tanti piloti e classifiche sempre sub-judice per le tante irregolarità riscontrate. Farà sua la Coppa C.S.A.I e il secondo posto nel Trofeo Cadetti. Passa alle categorie maggiori, Formula 850 e Ford, sino ad arrivare nel 1974 al titolo italiano della Formula 3. Partecipa al campionato europeo di Formula 2, settimo assoluto nel 1977 con una March-BMW. Nell’italiano della stessa categoria è secondo dietro Riccardo Patrese. Nel 1978 ha l’opportunità della Formula 1, prima con l’ATS e poi con la Merzario. Con scarsa fortuna non riuscirà a qualificarsi nei GP dove è impegnato e tornerà alla Formula 2; diventerà istruttore per la C.S.A.I. e apprezzato manager in Formula 3000. Tenterà di diventare costruttore in F1, ma la Riviera, questo il nome scelto per la vettura, non riuscirà mai a scendere in pista per le difficoltà finanziarie legate al progetto.




 

lunedì 1 gennaio 2024

Jacky Ickx, campione non solo a Le Mans


- di MASSIMO CAMPI

- foto di RAUL ZACCHÈ - ACTUALFOTO


Bruxelles, 1° gennaio 1945, in una Europa ancora devastata dalla seconda guerra mondiale nasce Jacques Bernard “Jacky” Ickx. La sua è una famiglia agiata, il padre è un giornalista ed ha anche un fratello, Pascal, pure lui pilota prima di seguire le orme paterne e fare il giornalista. Presto il piccolo Jacky inizia a giocare con i motori. Inizia come molti giovani con le due ruote, ma non sull’asfalto, ma nella nuova disciplina che si va diffondendo in Europa, il Trial dove si fa subito notare.


Come molti il salto dalle due alle quattro ruote arriva presto ed a soli 20 anni, nel 1965, conquista l titolo belga categoria Turismo con una Lotus Cortina e, in coppia con Hubert Hahne la 24 ore di Spa con una BMW 2000 Ti. Passa con disinvoltura dalle ruote coperte alle monoposto dimostrando una grande versatilità e competenza tecnica, qualità su cui costruirà tutta la sua invidiabile carriera.


Jacky Ickx debutta in F1 nel Gran Premio di Germania 1966 alla guida di una Matra di F.2, categoria di vetture ammessa alla gara tedesca per rinfoltire la griglie di partenza, e si rende protagonista di un urto con la Brabham di John Taylor, che morirà circa un mese più tardi a causa delle ustioni procuratesi dall’incendio susseguente all’incidente. L’anno seguente sarebbe salito agli onori della cronaca per le sue prestazioni: nonostante la disparità di potenza (oltre 150 cv di differenza con le più potenti F1), Ickx si qualificò in quarta posizione, mentre la pole fu appannaggio di Jim Clark. Costretto dal regolamento a prendere il via della gara alle spalle dell’ultima qualificata tra le Formula 1, nel corso di una manciata di giri Ickx tornò strepitosamente in quarta posizione. Sfortunatamente, in pieno recupero sul trio di testa, fu fermato da un guasto meccanico, che lo costrinse ad abbandonare la gara, risparmiando una cocente umiliazione ai piloti a bordo delle Formula 1. Finisce la stagione guidando una vera formula 1, la Cooper-Maserati ufficiale, a Monza e negli Usa dove conquista il suo primo punto iridato arrivando sesto.


Nel 1967 nasce il campionato europeo di F.2 e Jacky è al via con una Matra-Cosworth della Tyrrell Racing Organisation. Nella categoria corrono anche i top driver di F.1 che però non possono prendere punti in campionato. Jochen Rindt e Jim Clark, Jackie Stewart sono i mattatori sempre sui gradini più alti del podio, il giovane belga  vince al Nurburgring,  Zandwoort ed a Vallelunga, nella altre gare è spesso a ridosso degli assi, a fine anno conquista il titolo davanti a Frank Gardner e Jean Pierre Beltoise. La grande occasione, che lancerà la sua carriera, arriva proprio nel 1967, durante l’Eifelrennen di F.2 in Germania dove sale sul gradino più basso del podio dietro a Jochen Rindt e John Surtees.




La F.1 si interessa al giovane belga ed il suo nome è segnato su diversi taccuini dei team manager. “Quella gara fu la svolta della mia vita” sono le parole di Ickx “il mio nome iniziò a circolare in diverse squadre e Ferrari mandò Franco Lini, l’allora direttore sportivo, ad Enna per sondare la mia possibilità di correre in F.1 con le rosse. In seguito appresi che Ferrari era in contatto anche con Jackie Stewart. Io avevo solo 22 anni, stavo bruciando le tappe, stavo entrando a fare parte del mondo dei grandi, davanti a Ferrari mi sentivo piccolo, un ragazzino, se la trattativa andava avanti avrei senz’altro detto di si, senza nessuna riserva!”


Jackie Stewart si presentò a Modena con il suo avvocato-manager e relativa lista di richieste. Durante l’incontro con Enzo Ferrari tirò fuori la lista con la lunga serie di richieste, Enzo Ferrari si indispettì subito e rivolgendosi a Lini in Modenese disse “ma cosa vuole sto inglese anche la fabbrica?” Stewart che non parlava italiano capì la parola “inglese” e subito corresse con “Scozzese prego!” Ovviamente la trattativa tra lo scozzese ed il modenese fu subito interrotta e si aprirono le porte per Jacky Ickx che divenne compagno di Chris Amon per il 1968.


La Ferrari 312 ha diversi problemi, ma Ickx riesce a conquistare la sua prima delle otto vittorie in F.1 a Rouen in Francia, nella gara del dramma di Jo Schlesser con la Honda. Una gara sotto la pioggia che subito gli vale la fama di grande pilota sul bagnato. Finisce la stagione quarto in campionato alla spalle di Graham Hill, Stewart e Hulme.

Nel 1969 Ickx abbandona momentaneamente Maranello “Ferrari voleva l’esclusiva ed io desideravo correre altrove, soprattutto con John Wyer con i prototipi. Non trovammo l’accordo, ci separammo, andai alla Brabham, vinsi due gran premi e la prima 24 ore di Le Mans, ma tutto avvenne con la massima cortesia e rispetto tra me ed il commendatore. Le nostre strade si incrociarono nuovamente nel 1970, con la nuova 312B, un grande successo.”


Jacky Ickx porta a Maranello una innovazione, quella del libero professionista, non si sentirà legato ad una squadra, ma corre soprattutto per lui, per vincere. Una grande stagione, quella del Belga, nel 1969, con la Brabham disegnata da  Ron Tauranac vince al Nurburgring ed a Mosport Park in Canada, è secondo in campionato alle spalle di Stewart con la Matra di Ken Tyrrel. Con la Ford GT40 di John Wyer vince a Sebring ed a Le Mans in coppia con Jackie Oliver. La maratona della Sarthe 1969 è il suo grande capolavoro: parte ultimo, per protesta contro la classica partenza a lisca di pesce con i piloti che corrono e saltano nella vettura. La ritiene troppo pericolosa, in genere non vengono mai allacciate le cinture di sicurezza ed il gran casino che si scatena tra le varie vetture con prestazioni molto differenti è estremamente pericolo ed anacronistico per una gara professionale. Ickx attraversa lentamente il rettilineo mentre tutti gli altri corrono e partono all’impazzata, sale lentamente in macchina, si allaccia le cinture e parte, ultimo. Alla sua Ford GT40 non viene accreditata nessuna chance di vittoria contro le nuove potenti Porsche 917 e le affidabili 908. Ma le vetture tedesche hanno problemi, a pochi istanti dallo scadere dei due giri d’orologio si ritrova secondo con la bianca Porsche di Hans Hermann nel mirino, Ickx è velocissimo, intuisce che ce la può fare, la GT40. Ultimo giro, sulle tribune tutti attendono il verdetto finale, da Maison Blanche spunta l’azzurra GT40 davanti alla bianca Porsche. Per Jackie Ickx è un trionfo, per la Porsche un’amara sconfitta. Il belga che aveva passeggiato sulla linea di partenza proprio 24 ore prima, ha dimostrato che non serve correre a piedi per vincere la 24 di auto, ma si deve guidare, e forte!



Ickx è una star, nel 1970 torna al volante delle vetture di Maranello. La nuova 312 Boxer progettata da Mauro Forghieri va forte, ma ha ancora problemi di affidabilità. La prima parte del campionato è disastrosa, il Team compie diversi errori e la 312 non è adeguatamente sviluppata. La Ferrari è ancora una piccola squadra ed è impegnata su troppi fronti con poche risorse umane con conseguenze sulla competitività delle vetture. A Jarama ha anche uno dei peggiori incidenti della sua carriera quando la sua vettura entra in collisione con la BRM di Oliver ed entrambe prendono fuoco. Ickx riesce ad uscire dalle fiamme indenne, ma con un grosso spavento. Nella seconda parte della stagione la situazione migliora, Ickx si riscatta vincendo in Austria, ma Rindt con Lotus ha preso il volo in classifica, fino al dramma di Monza.


Per vincere il mondiale Jacky Ickx deve vincere le tre gare restanti. Centra il primo obiettivo, ma arriva quarto negli Stati Uniti, rendendo inutile il suo trionfo in Messico. Non avesse pagato lo scotto della scarsa competitività iniziale della sua Ferrari, ed alcuni errori grossolani del team, Ickx avrebbe finalmente conquistato il tanto agognato mondiale. Il belga si classificò così per la seconda volta consecutiva al secondo posto alle spalle dell’unico campione postumo di F.1, Jochen Rindt. “Meglio così” è il commento di Ickx “non mi sarebbe piaciuto strappare il titolo a Jochen che lo meritava pienamente”

Con la squadra di Maranello ci rimane altri due stagioni. In F.1 le rosse hanno sempre più problemi, ma con i prototipi di 3 litri Ickx è sempre uno dei protagonisti ed una delle colonne principali della squadra. Nel 1971 Ickx rimane in Ferrari, con grandi speranze per il titolo, ma non va oltre il quarto posto in classifica piloti e una sola vittoria in Olanda. Stessa cosa anche l’anno successivo, con risultati quasi identici. Il belga è un pilota velocissimo, ma spesso è insofferente alle regole del cavallino rampante, non ama passare le giornate in pista a fare test, ed è presto soprannominato “pierino la peste” per il suo carattere non proprio accomodante. Il 1973 fu un anno disastroso, con la Ferrari in crisi tecnica e gestionale, che partecipa raramente con più di una vettura e salta alcuni Gran Premi. Tra il Belga e la Rossa è ormai divorzio “dopo il G.P. di Inghilterra Ferrari decise di ritirare le sue vetture per prendere tempo e ritrovare la competitività. Lo incontrai e gli dissi di fare come voleva, ma io vado a correre al Nurburgring con una McLaren. Ferrari mi lasciò fare, capì, era un grande uomo”.

Sul tracciato dell’Eifel Ickx arriva terzo, conquistando l’unico podio della stagione e dimostrando di essere ancora un valido pilota. Lasciò dunque la Ferrari proprio alla vigilia del riscatto delle Rosse nell’era di Luca Montezemolo e passò alla Lotus, reduce dalla vittoria titolo costruttori con Emerson Fittipaldi (passato ora alla McLaren) secondo e Ronnie Peterson terzo. Purtroppo incappò in un’annata tribolata, con la vettura vecchia (la “72 D” ormai obsoleta e la nuova “76” che si dimostrò fallimentare. Nel 1975 la Lotus prosegue con la vecchia “72” e Jacky lasciò il team a metà stagione.


Le monoposto interessano sempre meno al Belga, che continua a correre con team minori e poche speranze. Alcune gare con la Williams per poi passare alla Ensign, dove rimase fino al 1978 senza mai ottenere punti, partecipando solo ad un limitato numero di eventi. Nel 1979, ultimo anno della sua carriera, corse per la Ligier nella seconda parte della stagione, in sostituzione dell’infortunato Patrick Depailler, ed ottenne tre punti. Finisce così l’avventura con le monoposto, con otto vittorie e due volte vice campione del mondo.

È con le ruote coperte, nella categoria Sport Prototipi che, per circa quindici anni, Jacky ha ottenuto i migliori successi, correndo sempre per scuderie di primo piano. Ickx è stato definito “Monsieur Le Mans”, avendo stabilito un record di 6 vittorie nella 24 Ore , superato solo da Tom Kristensen che ha colto nove centri. Ha inoltre vinto cinque volte la 1000 km di Spa, tre volte sul vecchio pericolosissimo tracciato di 14 km e due sul rinnovato circuito, la 24 Ore di Daytona nel 1972 e la 12 Ore di Sebring nel 1969 e 1972.


Dopo la prima vittoria nel 1969 Jacky tornò al successo a le Mans nel 1975 per la prima di tre vittorie consecutive della maratona: la prima con la Gulf-Mirage e le altre due con la Porsche 936. Con la Porsche inizia un grande sodalizio, Ickx diventa il principale pilota di riferimento per la casa tedesca e la collaborazione porterà parecchi frutti per entrambi. Dopo un secondo posto nel 1980, anche nel 1981 vince a Le Mans sempre su Porsche 936, in una versione aggiornata che portava al debutto in gara il nuovo sei cilindri raffreddato ad acqua che equipaggerà le porche del futuro gruppo C. Intenzionato a ritirasi, venne convinto dalla Porsche a restare per affidargli lo sviluppo della “956”, la nuova arma della casa per le gare di durata. Con quella vettura Ickx vince nel 1982 la sua sesta 24 Ore di Le Mans e conquista il Campionato mondiale Endurance 1982 e 1983. Con la Porsche continua a correre fino al 1985, anno in cui, durante la gara di Spa, è coinvolto nell’incidente che causerà la morte di Stefan Bellof. Al termine della stagione si ritira dalle competizioni.


Contraddistinto da un’innata capacità d’analisi, da una versatilità ineguagliata che gli ha permesso, nel corso della sua lunga carriera, di trionfare in ogni categoria in cui abbia corso, Ickx è stato nominato “Driver del Secolo”. Nessun altro pilota, infatti, può vantare un palmares tanto completo, che include vittorie in Formula 1, Sport, Prototipi, Turismo e Granturismo, Rally-Raid e motociclismo. Jacky Ickx è noto soprattutto per la sua elevata versatilità e polivalenza, che gli hanno permesso di vincere in discipline diverse. Oltre ad essere stato per due volte vice campione mondiale  in F.1, campione europeo in F.2, campione mondiale Endurance per due anni consecutivi, è stato campione della serie CanAm, nel 1979 con la Lola T333 CS Chevrolet del Team Haas , mentre nel 1983 ha vinto la Parigi-Dakar con una Mercedes 280G nel 1982 in coppia con Claude Brasseur.




Ickx è stato spesso criticato, nei primi anni della sua carriera, come pilota dal carattere spigoloso e presuntuoso. Odiava le sessioni di test, soprattutto a Fiorano, il circuito della Ferrari e con la stampa non sempre c’erano buoni rapporti. In parte la sua scarsa propensione ai test ed alcune prese di posizione sullo sviluppo della monoposto hanno minato le probabilità di essere campione mondiale, ma il Drake ha comunque sempre espresso un buon giudizio sulle doti del belga “Un connubio di ardimento e calcolo. Nel primo anno maturò un’esperienza che prometteva grandi frutti, poi per quattro anni abbiamo inseguito il titolo mentre ci venivano attribuite polemiche spesso inconsistenti. Al di là del funambolismo giornalistico. Qualche suo atteggiamento, che gli valse tra i miei collaboratori l’appellativo di Pierino il terribile non mi ha cancellato il ricordo di un ragazzo cresciuto in fretta e l’impressione di quella sua guida fine e temeraria sotto la pioggia”.


Il suo primo matrimonio con Catherine Blaton destò clamore in Belgio. Era nipote del pilota belga “Beurlys” Blaton ed erede di un grande patrimonio immobiliare. Dalla loro unione nacque Vanina, anche lei seguì le orme del padre.

Successivamente Ickx è tornato in Formula 1 nel ruolo di direttore di gara. In queste vesti suscitò forti polemiche nel 1984 la decisione di sospendere per pioggia il Gran Premio di Monaco al 31º giro, proprio nel culmine della lotta tra Alain Prost e Ayrton Senna che si contendevano la prima posizione. In quell’occasione Ickx venne accusato di voler favorire Prost ai danni del brasiliano, anche a causa del suo rapporto professionale con la Porsche, che forniva anche il motore alla McLaren. Attualmente si vede in varie manifestazioni d’epoca come la Mille Miglia e il Monaco Historique in veste di testimonial.