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domenica 21 maggio 2023

IL CIRCUITO DI BIELLA


di Massimo Gioggia

L'idea di correre a Biella una gara in circuito ai massimi livelli (quella che oggi sarebbe la Formula 1, per intenderci) nasce nella primavera del 1934 nel corso di una riunione molto importante della Commissione Sportiva del RACI (Regio Automobile Club Italiano) di Biella.
Si parla della Biella-Oropa, cronoscalata che molti considerano una gara ormai obsoleta, ci si interroga sul che fare finché qualcuno butta lì l'idea di un circuito. Non un circuito qualsiasi (anche se vengono ipotizzati i percorsi più disparati) ma un circuito cittadino.
Un circuito nel pieno centro di Biella? Sembra una follia ma qualche mese dopo la follia diventa realtà.
C’è il percorso, c’è la data e, anche se il parere favorevole del RACI si fa attendere un po’, alla fine la gara si corre ed è un vero e proprio successo!

IL PERCORSO
Lungo 2,2 chilometri, il tracciato del Circuito di Biella è particolarmente suggestivo. La partenza è davanti ai Giardini Pubblici, in Viale di Porta Torino (oggi Piazza Vittorio Veneto). Da lì, dopo un breve rettilineo, si gira a sinistra nell’odierna via Bertodano (ai tempi ancora via Lamarmora) e poi, all’altezza della Stazione delle Ferrovie Elettriche (oggi demolita), si svolta a sinistra, nell’odierna Via Repubblica (ai tempi via Vittorio Emanuele). Si prosegue fino all’incrocio successivo, dove si gira a destra per entrare in Via Cernaia (l’unica strada che, col tempo, non ha cambiato denominazione), che è il tratto più veloce di tutto il percorso; in particolare il pezzo che, dall’ampia curva verso sinistra (dove oggi Via Cernaia incrocia Via Carso), scende deciso verso il Ponte di Chiavazza.

Il tornante che c’è in fondo, prima del ponte, è il punto più spettacolare di tutto il Circuito. Le vetture, infatti, arrivano in velocità, fanno una robusta frenata e poi girano a sinistra per affrontare la salita di via Marconi e poi via Carducci (quello che, ai tempi, era Viale Principe di Piemonte).

In fondo, posto anche questo molto spettacolare perché permette di vedere le vetture anche al di sotto, in Via Cernaia, c’è la curva obbligata verso destra che immette in Viale Matteotti (ai tempi Viale Regina Margherita). Quindi, dopo aver nuovamente attraversato Via Repubblica (che ai tempi era via Vittorio Emanuele) si torna, girando a sinistra davanti all’odierna Fons Vitae, sul rettilineo di partenza e arrivo.

LA PRIMA EDIZIONE (1934)
La prima edizione si corre il 2 settembre 1934. Vi prendono parte alcuni dei più grandi “driver” dell’epoca: c'è Tazio Nuvolari, su un’Alfa Romeo 8 C 2300 Monza; ci sono il beniamino locale, Carlo Felice Trossi, e il galliatese Achille Varzi, su Alfa Romeo P3 della Scuderia Ferrari; e poi ancora il marchese Antonio Brivio Sforza, su Bugatti Tipo 51, Renato Balestrero, su Alfa Romeo 8 C 2600 Monza, e la “giovane promessa” Giuseppe Farina su Maserati 4CM.
Vince Trossi, davanti a Varzi, mandando in visibilio i circa trentamila spettatori che affollano le tribune e i recinti per il pubblico.

LA SECONDA EDIZIONE (1935)
Visto il successo, sportivo ed economico, della I edizione, l'anno successivo gli organizzatori ripropongono l'evento, anticipando però la data. Si corre infatti il 9 giugno 1935, sullo stesso percorso dell'anno precedente.
Al via ci sono nuovamente i migliori piloti dell’epoca. Oltre a Nuvolari, Varzi, Trossi e Farina ci sono Piero Dusio, il monegasco Louis Chiron, e una donna pilota, Hellè Nice, su Alfa Romeo. Gli squadroni tedeschi di Mercedes e Auto Union sono stati invitati ma, all’ultimo hanno declinato l'invito per problemi tecnici.
Come l'anno precedente, viste le ridotte dimensioni del Circuito, la gara è suddivisa in batterie con accesso alla finale ai primi tre più il miglior quarto. Nelle prima batteria si qualificano Nuvolari e Trossi (Alfa Romeo P3), Farina e Dusio (miglior quarto) su Maserati 4CM e 8CM; nella seconda Chiron e Tadini su Alfa Romeo P3 e Varzi su Maserati 6C34.
La vettura di Varzi, però, ha problemi di natura meccanica e così il galliatese deve fermarsi.
Quando parte la finale, Farina è il migliore ma ben presto viene superato da Nuvolari. Dietro si danno battaglia Chiron e Trossi, che hanno a loro volta superato Farina. Trossi ben presto recupera terreno facendo segnare, all’undicesimo passaggio, il miglior tempo sul giro. Raggiunge Nuvolari e lo supera ma al giro successivo il mantovano restituisce il sorpasso. La gara va avanti così fino al venticinquesimo giro quando, tra lo stupore generale, Trossi arriva lentamente al traguardo e si ferma ai box annunciando il ritiro a causa di un’insolazione.
A quel punto Nuvolari non ha più rivali e procede indisturbato fino al traguardo, davanti a Chiron e al rientrante Farina.
La gara è stata nuovamente un successo, sportivo e di pubblico, ma non verrà più riproposta. Termina così la storia del Circuito Automobilistico di Biella.

(immagini dal libro "Prima di dimenticarle" di Massimo Gioggia)

martedì 2 maggio 2023

Il debutto in Formula 1 della Dallara



- di Massimo Campi
- Immagini ©Massimo Campi; ©Raul Zacchè/Actualfoto

Il 1° maggio 1988 ad Imola, Alex Caffi corre con la Dallara 188, la prima monoposto di Formula 1 realizzata a Varano de' Melegari, schierata dalla BMS Scuderia Italia

I motori e le auto da competizione sono una delle grandi passioni di Giuseppe Lucchini, presidente della Lucchini Sidermeccanica SpA, una delle più importanti industrie siderurgiche italiane. L’appassionato manager bresciano nel 1983 fonda la Brixia Motor Sport che inizia a gareggiare nel World Touring Car Championship. La grande svolta arriva nel 1988, quando Lucchini decide di schierare una monoposto per il campionato Mondiale di Formula 1 e si rivolge a Giampaolo Dallara per la costruzione della vettura. Intanto viene cambiato anche il nome della scuderia che, da Brixia Motor Sport, diventa BMS Scuderia Italia. L’unione tra la struttura bresciana e l’ingegnere parmense porterà al debutto della Dallara Automobili nella massima espressione dell’automobilismo mondiale. A Varano de' Melegari sin dall’estate del 1987 fervono i lavori, ma la vettura non è pronta per la prima gara stagionale del 1988 ed in Brasile la squadra bresciana debutta con una monoposto di F3000 adattata alle specifiche di Formula 1 con Alex Caffi alla guida.

La nuova Dallara 188 è progettata dall’ingegnere argentino Sergio Rinland, con un passato alla Brabham, che disegna una monoposto abbastanza convenzionale e facile da gestire. Per avere un baricentro il più basso possibile le sospensioni anteriori e posteriori sono del tipo pull-rod, ed anche il profilo del muso molto appuntito, e delle pance laterali si presenta decisamente basso.

Il motore utilizzato è il V8 Cosworth DFZ, la nuova unità prodotta dalla factory inglese con il ritorno ai motori aspirati di 3,5 litri. La stagione 1988 è l’ultima in cui è possibile utilizzare i motori turbo, che equipaggiano principalmente le monoposto di McLaren/Honda e Ferrari, mentre i team più piccoli si sono già convertiti ai nuovi aspirati che diventeranno i propulsori protagonisti delle stagioni successive.

L’utilizzo dei motori aspirati facilita il compito degli aerodinamici, ci sono molti meno accessori da installare nelle pance ed alle spalle del pilota, con un grande miglioramento dell’efficienza aerodinamica. La Dallara è una delle prime fabbriche ad avere una galleria del vento interna che è servita allo studio della nuova monoposto di Varano de Melegari. Il retrotreno presenta un profilo estrattore non particolarmente esasperato, mentre la superficie dell’ala anteriore, di tipo biplano è munita di bandelle laterali di grandi dimensioni. La superficie sotto l’ala anteriore è abbondante per generare più deportanza possibile, uno schema adottato dalla Dallara ed in seguito esasperato dalla Tyrrell 019 del 1990. Tra le caratteristiche aerodinamiche ci sono le doppie bandelle per indirizzare i flussi dell’aria sulle pinze freno.

La stagione della BMS Scuderia Italia si apre con una mancata qualifica nella prima gara con la Dallara 3087 derivata dalla F.3000 ed equipaggiata ancora con il vecchio DFV di 3.0 litri. Il 1 maggio 1988, prima gara europea e seconda della stagione, la nuova monoposto italiana debutta ad Imola con Alex Caffi alla guida. La Dallara 188 con il V8 di 3.5 litri si classifica al 24° posto nelle prove facendo un tempo migliore della Zacspeed turbo di Ghinzani e della Eurobrun di Modena. La gara dura poco con il pilota bresciano costretto alla resa per una avaria al cambio. Negli altri Gran Premi stagionali la Dallara 188 supera sempre tranquillamente le prequalifiche, uno degli scogli maggiori per un team piccolo ed esordiente. In prova è quasi sempre entro i primi 20 ma l’affidabilità è il tallone d’achille della vettura che finisce solo sette gare su 15 partenze. Spesso ci sono problemi di surriscaldamento dovuti alle piccole masse radianti installate nelle pance, ma anche problemi alla trasmissione ed ai freni che impediscono alla Dallara di ottenere risultati di rilievo. Il miglior gran premio è quello dell’Estoril, con Alex Caffi che sfiora la zona punti con un settimo posto alle spalle della McLaren di Ayrton Senna.











martedì 28 marzo 2023

Tony Brise, una carriera breve dall’epilogo sfortunato



di Massimo Campi

foto © Raul Zacchè/Actualfoto


Tra i piloti britannici degli anni '70 una delle giovani promesse era Tony Brise. Nel suo palmares ci sono solamente 10 Gran Premi ma anche due campionati di Formula tre vinti in Inghilterra. Anthony William Brise nasce il 28 marzo 1952 a Erith, nel Kent, la benzina dei motori la respira sin da piccolo, suo padre, John Brise, è un allevatore di maiali ma anche un pilota da corsa, che ha vinto tre volte il campionato mondiale di stock car. Sia Tony che suo fratello Tim hanno mostrato interesse per il go-kart in giovane età e John Brise ha rinunciato al suo hobby per sostenerli economicamente nelle loro carriera.


Brise vinse il suo primo campionato britannico nel 1969 e l'anno successivo passò alle corse in monoposto, guidando una Elden MK8 Formula Ford. Nel 1971 si classificò secondo nel BOC British Formula Ford 1600 Championship. Nel 1972 Tony Brise è al volante di una Brabham BT28 del Team di Bernie Ecclestone, poi passa alla GRD 372 e diventa uno dei piloti di riferimento della categoria. Brise ha vinto due dei tre campionati britannici di Formula 3 nel 1973: conquista in John Player ed arriva a pari punti con Richard Robarts nel Lombard North Central. Alla fine della stagione ha vinto per la seconda volta un Grovenwood Award, condiviso con Tom Pryce.


Nel 1974 debutta con una March 733 nella serie MCD Formula Atlantic, vince la prima gara, ma a Snetterton distrugge la monoposto. Le sue prestazioni destano l'attenzione di Teddy Savory della Modus, che gli ha offre il volante di una sua monoposto. Con la Modus corre anche il GP Monaco di F.3 finendo secondo dietro Tom Pryce in una March 743. Brise va molto forte con la nuova vettura nel 1975, vincendo sei gare consecutive, a Snetterton, Oulton Park e due volte ciascuna a Brands Hatch e Silverstone , abbastanza per vincere il MCD International Formula Atlantic Championship. Dopo questi risultati, fu contattato da Frank Williams ad aprile, per fare il suo debutto in Formula 1 sostituendo Jacques Laffite .


Il debutto di Brise nella massima formula avviene il 27 aprile 1975 con la Williams al Gran Premio di Spagna al Montjuic Park, una gara difficile, segnata da scioperi per problemi di sicurezza, un numero elevato di incidenti e la morte di quattro spettatori. Brise è arrivato settimo a due giri dai primi, nonostante una collisione con Tom Pryce. Laffite tornò per il successivo Gran Premio di Monaco, retrocedendo Brise ancora una volta alla Formula Atlantic. Si aprono nuovamente le porte della Formula 1 con il Team Embassy Hill dove Brise sostituisce il campione inglese alla guida della sua monoposto.


Tony Brise dimostra di essere molto veloce e ci sono buone prospettive per il suo futuro, spesso supera in qualifica il compagno Alan Jones. Tutto sembra viaggiare nella giusta direzione ma il 29 novembre 1975, Hill e Brise, insieme ad Andy Smallman, il progettista del team, e tre meccanici del team, stavano tornando a Londra dal sud della Francia, dove stavano testando una nuova macchina da corsa, la GH2. Il Piper Aztec, un bimotore a sei posti pilotato da Hill, stava tentando di atterrare all'aeroporto di Elstree di notte in una fitta nebbia quando si è schiantato al suolo. Nessuno sull'aereo è rimasto vivo dall'impatto, Tony Brise aveva solo 23 anni.



giovedì 23 marzo 2023

1998: la Ferrari 333SP del Team Momo conquista Daytona e Sebring



di Massimo Campi - Immagini © Raul Zacchè/Actualfoto

All’inizio degli anni novanta, del secolo scorso, il mondo delle gare di durata era in grave crisi. Con scelte scellerate la FIA, sotto pressione della FOCA di Ecclestone, vara una serie di regolamenti tecnici che, di fatto, portano velocemente alla fine del Campionato Mondiale Prototipi per mancanza di partecipanti.

La riscossa arriva dalle gare oltreoceano quando la serie IMSA vara il regolamento per una nuova categoria con barchette che montano motori derivati dalla serie. Giampiero Moretti e Gian Luigi Buitoni, l’importatore Ferrari in USA, convincono Piero Lardi Ferrari, direttore della Ferrari Engineering, a varare un progetto per una barchetta con il V12 della futura F50. La vettura servirà a rilanciare l’immagine sportiva del cavallino rampante negli Stati Uniti, ci penserà la Dallara a studiare il telaio in cui viene anche coinvolto Tony Southgate, uno dei maestri delle vetture sport. Il telaio della barchetta è realizzato in nido d’ape d’alluminio e fibra di carbonio, il cambio Ferrari monta componenti Hewland DGN ed è sequenziale meccanico a cinque rapporti. La nuova vettura viene messa in vendita ad un prezzo di 950.000 $ per i team privati, come era già successo in passato per la 512M ed altri famosi prototipi Ferrari e si chiamerà “333SP”, dalla cilindrata unitaria del suo propulsore di 333,08 cc.

La Ferrari 333SP debutta nel World Sports Car Championship 1994 nella gara di Road Atlanta. Sono quattro gli esemplari in gara divisi tra tre squadre, una delle quali è la vettura MOMO Corse con Moretti ed Eliseo Salazar al volante. La rossa subito si fa notare, inizia a vincere, ma perde il campionato solo a causa dell’inizio ritardato della stagione.

Nella stagioni successive la Ferrari 333SP diventa la vettura di riferimento, viene portata in gara anche a Le Mans, ma la barchetta è progettata per le gare brevi come quelle americane e ci vuole un ulteriore step per vincere nei grandi appuntamenti dell’endurance mondiale anche se la vettura del Team Scandia riesce ad imporsi nella 12 Ore di Sebring 1995 con Fermín Velez – Andy Evans – Eric van de Poele

Il grande sogno di Giampiero Moretti è però quello di vincere alla 24 Ore di Daytona e nel 1998 il sogno finalmente si realizza grazie ad una serie di aggiornamenti nella motorizzazione e nell’aerodinamica. La stagione 1998 sarà quella della Ferrari 333SP e di Giampiero Moretti, uno dei maggiori gentleman driver, giunto all’età di 58 anni.

Moretti corre in America da oltre 30 anni, ha partecipato alla 24 Ore di Daytona sin dai tempi della Ferrari 512M ed erano passati 31 anni da quando la Ferrari aveva vinto la gara nel 1967, con quel famoso arrivo in volata umiliando la rivale Ford in casa sua.

Al volante della vettura MOMO Corse, ci sono Gianpiero Moretti, Arie Luyendyk, Mauro Baldi e Didier Theys che partono con il secondo tempo nelle prove e dopo una serie di colpi di scena si ritrovano in testa alla gara. Il trionfo è tutto da scrivere e da gustare, ed allora Didier Theys, ormai sicuro del risultato, entra ai box lasciando l’ultimo stint a Moretti che taglia il traguardo da trionfatore realizzando il suo sogno da ragazzo. “Con tutti i soldi che ho speso a Daytona, avrei potuto comprare facilmente mille Rolex, ma Volevo vincere questa gara.” È il commento del team manager italiano quando il suo sogno americano, si era finalmente avverato.

Ma la stagione non è finita ed Incoraggiato da quel successo, Moretti è poi andato a farne due di fila quando ha conquistato la 12 Ore di Sebring un paio di settimane dopo, regalando così alla 333 SP due delle sue vittorie più importanti, e due delle vittorie sportive più importanti della Ferrari in 25 anni e non contento è anche salito sul gradino più alto del podio alla 6 Ore di Watkins Glen.

La Ferrari 333SP corre anche alla 1000 Km di Monza ed alla 24 Ore di Le Mans. Nella prima è una delle vetture più competitive, ma un problema meccanico fa svanire le aspettative e la gara viene vinta dalla McLaren F1 GTR del Team Davidoff, mentre la 333SP del Team Auto Sport Racing di Bryner/Calderari/Zadra sale sul secondo gradino del podio.

Nella maratona della Sarthe le vetture da battere sono GT1 con Porsche e Toyota a fare la parte del leone contro le varie barchette WSC che non possono tenere il ritmo delle macchine di punta. A Le Mans sono quattro le Ferrari 333SP iscritte alla gara ma tutte avranno problemi e la migliore al traguardo sarà quella del Doyle-Risi Competizione di Wayne Taylor – Eric van de Poele – Fermín Velez che finisce ottava assoluta ma vince la categoria LMP1. Gianpiero Moretti – Mauro Baldi – Didier Theys sono 14° assoluti mentre le altre due di Michel Ferté – Pascal Fabre – François Migault e Vincenzo Sospiri – Jean-Christophe Boullion – Jérôme Policand non vedono la fine della gara.

Moretti, a fine stagione, dopo avere realizzato il suo sogno, ha deciso di ritirarsi dalla competizioni. La storia della 333SP è continuata fino all’inizio del terzo millennio. In totale la barchetta del cavallino rampante ha vissuto otto anni gloriosi ai vertici delle corse automobilistiche sia in Nord America che in Europa. Complessivamente sono state realizzate 40 esemplari di cui 4 dalla Ferrari e le rimanenti dalla Dallara e da Michelotto. Il 1998 è stato l’anno dei grandi trionfi con Daytona e Sebring, e in 144 gare disputate, la Ferrari 33SSP ha collezionato 56 vittorie, 69 pole e diversi titoli in campionati internazionali tra il 1994 e il 2003.




















martedì 21 marzo 2023

Fenomeno Ayrton


- di Massimo Campi -
- immagini di ©Raul Zacchè/Actualfoto

Il 21 marzo 1960 nasceva uno dei più grandi fenomeni della Formula Uno ed immaginare Ayrton Senna oggi è un puro esercizio di fantasia. Forse il brasiliano sarebbe un tranquillo ex campione, con qualche capello grigio ed un po’ di pancetta, magari sagace commentatore per qualche canale televisivo, ma sicuramente ancora innamorato della velocità e di tutti quei titoli mondiale che avrebbe vinto, forse anche colorati di rosso Ferrari. Perfezionista, maniaco in pista e nel paddock, malinconico ed a volte spiritualista quando gli facevi una intervista, generoso, ma senza farlo vedere, con i deboli. Ayrton Senna è stato sicuramente un grande fenomeno, il migliore della sua epoca, forse anche della storia del motor sport, anche se i paragoni con gli altri grandi campioni sono solo frutto di illazioni e di fantasia. I numeri parlano per lui, parlano di una carriera inimitabile, sempre al top, anzi “il top”, ma oltre i numeri ci sono le emozioni, ed anche di quelle Ayrton è stato il numero uno.

“Non esiste curva dove non si possa sorpassare. Arrivare secondo significa soltanto essere il primo degli sconfitti. Io voglio vincere sempre. L’opinione secondo cui la cosa importante è competere è un assurdità. Vincere senza rischi è come trionfare senza gloria!. Ognuno è veloce, in certi momento. Bisogna essere un campione per essere veloce sempre. Pensi di avere un limite, così provi a toccare questo limite. Accade qualcosa. E Immediatamente riesci a correre un po’ più forte, grazie al potere della tua mente, alla tua determinazione, al tuo istinto e grazie all’esperienza. Puoi volare molto in alto.”

In queste frasi la filosofia di vita del brasiliano, una vita sempre al limite, sempre alla ricerca della perfezione, ma anche con un occhio al prossimo.

“I ricchi non possono vivere su un’isola circondata da un oceano di povertà. Noi respiriamo tutti la stessa aria. Bisogna dare a tutti una possibilità. Non potrai mai cambiare il mondo da solo. Però puoi dare il tuo contributo per cambiarne un pezzetto. Quello che faccio davvero io per la povertà non lo dirò mai. La Formula Uno è ben misera cosa di fronte a questa tragedia.”

“Non ho idoli. Ammiro il duro lavoro, la dedizione e la competenza”, una frase, un monito per tanti futuri campioni e per chi ha sempre creduto fermamente in ciò che fa.











domenica 12 marzo 2023

Arturio Merzario, il cowboy del motorsport




- di Massimo Campi – foto Raul Zacchè/Actualfoto e Massimo Campi

Millenovecentosessantadue, è l’anno in cui iniziava a correre un giovane Arturio ….e non ha ancora smesso. Tutti lo chiamano Arturo, ma il suo vero nome è Arturio, per un errore anagrafico al momento della registrazione. Di cognome fa Merzario ed è nato il 11 marzo del 1943 a Civenna, sul lago di Como. 
Il debutto nelle corse, con una Alfa Romeo Giulietta Spider, avvenne a Monza, il 14 ottobre del 1962: giunse ottavo. Dopo una stagione con l’Alfa Romeo Giulietta SZ, acquistò una Fiat Abarth 1000 con l’aiuto del padre Giorgio, e ne affidò la preparazione a Samuele Baggioli di Milano. Nel 1964, con questa vettura, sfiorò il titolo di Campione Italiano per vetture turismo e la sua carriera ebbe inizio. Entra nelle grazie di patron Abarth e nel 1968 vinse il Campionato Italiano della Montagna alla guida della barchetta 1000SP. La svolta della carriera giunse con la vittoria del Circuito del Mugello 1969, con una Abarth 2000 e la vittoria nella categoria Sport del Campionato europeo della montagna. Rivince al Mugello nel 1970 e si aprono le porte della Ferrari come giovane promettente italiano. Corre soprattutto con le sport di Maranello: 512S, 512M, e la 312P con il 12 cilindri boxer. Nel 1972 con la biposto di 3 litri domina la Targa Florio in coppia con Sandro Munari, e la 1000 km di Spa con Brian Redman. Corre anche in F.2 ed in F.1 in qualche Gran Premio con la Ferrari dove debutta a Brands Hatch cogliendo il sesto posto.

Finita la stagione delle ruote coperte con la rossa, si lega all’Alfa Romeo dell’Ing. Chiti ed in F.1 corre con la squadra di Frank Williams che gestisce le Iso/Marlboro. Nel 1975, alla guida dell’Alfa Romeo 33, tornò a imporsi nel Mondiale Marche vincendo le gare di Digione, Monza, Enna e Nurburgring. Vinse per la seconda volta la Targa Florio in coppia con Nino Vaccarella. La carriera di Merzario si snoda tra ruote coperte e formule e diventa anche costruttore nel 1978, ma gli scarsi mezzi economici relegano la sua Merzario A1 alla sola lotta per la qualificazione. Dopo l’esperienza finita con la F.1 riparte dalla F.2 e con i prototipi italiani, dove sarà protagonista per molti anni con la sua squadra.

Dall’anno 2000 si è concentrato sulle gare GT con Ferrari e Porsche, aggiudicandosi alcune vittorie di classe. Innumerevoli le sue corse e le avventure vissute, anche se verrà ricordato da molti per il suo gesto al Nurburgring 1976 quando, con Guy Edwards, Brett Lunger e Harald Ertl estrasse Niki Lauda dalla sua Ferrari in fiamme salvandogli la vita. Nel 2010 viene eletto presidente onorario della Scuderia del Portello e con le vetture del biscione partecipa a innumerevoli manifestazioni per auto d’epoca. Ma il vulcanico Merzario non si ferma e fonda la “Merzario Academy”, scuola di pilotaggio e partecipa a varie trasmissioni motoristiche come opinionista con la sua immancabile verve e gli aneddoti sulla storia delle competizioni.