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giovedì 8 maggio 2025

Gilles a Monza: foto di Claudio Pezzoli

Gilles Villeneuve
18 Gennaio 1950 - 8 Maggio 1982

foto Pezzoli - New Reporter Press
riproduzione riservata












foto Pezzoli - New Reporter Press 
riproduzione riservata

venerdì 25 aprile 2025


Alboreto - Bernacchini su Alfa Romeo 155 DTM 
al Rally dell’Autodromo di Monza del 1994

Michele Alboreto, foto di Claudio Pezzoli

Michele Alboreto
23 Dicembre 1956 - 25 Aprile 2001

Foto di Claudio Pezzoli / New Reporter Press
riproduzione riservata 












giovedì 30 gennaio 2025

Romolo Tavoni, ragioniere delle corse




Riproponiamo un articolo di Luciano Passoni, redatto in occasione di un incontro con Romolo Tavoni (Formigine, 
30 gennaio 1926 - Casinalbo, 20 dicembre 2020)

> di Luciano Passoni

La figura è elegante, a dispetto dell’età e di qualche acciacco, riceve gli amici o quanti vogliono incontrarlo molto volentieri. Apre la porta della sua casa e ci accoglie con una voce ancora austera e ferma. Il taccuino, le foto, il registratore o lo smartphone, c’è l’imbarazzo per il cronista su che cosa fissare quel fiume in piena di ricordi, aneddoti e episodi che racconta con passione, quasi fossero successi ieri, ed invece abbracciano più di mezzo secolo di storia dello sport auto, vissuta dalle stanze dei bottoni all’asfalto delle piste. Sempre in prima linea, meglio in pole position visto l’argomento, per lui arrivato quasi per caso in un mondo che non conosceva. Fresco di diploma comincia alle Officine Alfieri Maserati, poi prevale il desiderio del posto fisso e sicuro, e si ritrova giovane ragioniere di una banca. E’ l’Istituto Bancario che lo manda in missione alla Ferrari, Il compito è di tenere sotto controllo i conti dell’azienda del cavallino che passavano attraverso un prestito dell’Istituto stesso. Lavora, letteralmente parlando, al fianco del signor Enzo, nella stessa stanza con un tavolo, due sedie ed un armadio. Il caratterino del commendatore non tardò a manifestarsi, ma niente di preoccupante quando urlava, il problema vero era quando stava in silenzio. Finito il suo compito ed in procinto di tornare alla sede Enzo Ferrari, che evidentemente lo ritiene prezioso, lo assume direttamente, così comincia la sua “carriera”. Non esiste un ruolo ed una mansione, si lavora e basta, in azienda o sui circuiti, in Italia e nel resto del mondo. Sono gli anni in cui il cavallino rampante diventa leggenda, con le vittorie a grappoli nelle corse più importanti, dalla formula uno agli sport prototipi. Trionfi che servono ad incentivare le vendite. Ricorda ancora bene come nel mese successivo ad una vittoria di Le Mans gli ordini raddoppiavano, osservazione che ci riporta il pragmatico ragioniere sempre attento ai conti. Ma ovviamente è la parte sportiva che prende il sopravvento negli episodi, nelle storie e nelle vicende umane che hanno arricchito e riempito la sua esistenza di sensazioni e di emozioni irripetibili. Conoscendo la nostra provenienza inevitabile parlare di Eugenio Castellotti, la distanza del tempo attenua il dolore ma non la memoria, per lui e per il gruppo di piloti definiti “gli indisciplinati” (cit. da Luca Delli Carri), storie di vite vissute nel mito della velocità, consapevoli che ad ogni curva un rischio, con il traguardo che troppo spesso non era rappresentato dalla bandiera a scacchi. Con loro un elenco infinito di nomi, di uomini e di donne, vicende intrecciate, nel bene e nel male, nelle gioie e nelle tragedie. Tanti episodi finiti in dramma e qualche curiosità degna di telefilm d’azione, come si diceva una volta. Così è il racconto del G.P. del Venezuela che sanciva la vittoria nel Mondiale Marche del 1957, a scapito di Maserati, l’avversario scomodo posto all’altro lato della via Emilia. La missione di vincere gara e mondiale è portata felicemente a termine. Il problema è portar fuori da quel paese il trofeo destinato al vincitore, qualche chilo d’oro che suscita l’interesse di molti e mette nel dubbio l’onestà di tanti. Viene studiato un percorso alternativo dal circuito all’aeroporto, con l’aiuto di un residente italiano che lavora per una compagnia petrolifera e tra autocisterne, bagagliai, doppifondi e finte valigie il trofeo arriva nella bacheca di Maranello. E’ l’ATS con il gruppo di tecnici e dirigenti fuoriusciti da Ferrari che lo allontana dall’azienda. L’ avventura finisce molto presto, errori madornali nella conduzione finanziaria e mondo delle corse sembra destinato per lui a restare un ricordo del passato. Un uomo con la sua esperienza e capacità non può non destare interesse e arriva la chiamata dell’ACI Milano, che significa in sostanza Monza. Romolo Tavoni diventa così il braccio esecutivo di Luigi Bertett, presidente del sodalizio milanese, sarà lui a tradurre in pratica un’idea del dirigente milanese che si rivelerà geniale: la creazione di una formula addestrativa per giovani piloti. Nasce così la Formula 875 Monza e anche il mito di Tavoni, associato per sempre a quel straordinario periodo sportivo. Un progetto che non avrà più eguali, fatto non solo da un’idea di vettura, ma legato alla logistica del circuito, alla giornata di gare e all’economia dei partecipanti, vedi prove gratuite e semplicità regolamentari. Con il tempo e successivi passaggi la categoria ha poi perso il suo valore formativo e, ad oggi, possiamo considerarla come una eredità che è andata purtroppo dispersa. Non è certo qualche campionato monomarca, più o meno sostenuto da federazioni od enti sportivi generalisti, con costi comunque insostenibili, che possa paragonarsi al glorioso passato. Da qui forse anche la mancanza di piloti italiani agli alti livelli internazionali nel settore monoposto. Tutto questo lo vede naturalmente sempre attento e curioso, ma il tempo trascorso è veramente tanto e il rammarico non può tradursi, per la sua generazione, in azione, mentre per quelle nuove sembra contare di più l’apparire che l’essere, con le scuole piloti sostituite dagli addetti stampa e dai manager, attenti al colore della vettura o del casco, alla location, alle ospitality e con la pratica in pista comprata su Google Play. Per rifarci da questo velo di amarezza, torniamo con lui al mito del passato e ripassiamo, sfogliando il libro Melegnano Motori, le tante storie che riguardano proprio l’epopea delle “pettarelle”. Poi la nostra cronaca della tappa di Lodi della Mille Miglia gli ricorda un suo ultimo passaggio da Guidizzolo (MN), cittadina che vide l’incidente di De Portago con la Ferrari, episodio che mise fine, oltre alle vite delle vittime, alle corse su strada in Italia. Un ricordo struggente, il riconoscimento del corpo che dovette fare nella sua qualità di rappresentante della Ferrari, del pilota spagnolo, uno degli “indisciplinati”, che al pari di Eugenio Castellotti diede molto lavoro alla stampa “rosa” dell’epoca. Nell’occasione lo lasciò di stucco la visione del monumento, posto in quel luogo; non si capacitava dell’aspetto poco curato, irrispettoso per i caduti di quella tragedia, tanto da recarsi in Comune, non solo per protestare, ma offrendosi per le spese occorrenti a ridare dignità a quella gente e a quell’episodio. Finisce così, tra dediche ed autografi; vuole anche il nostro sul libro che gli abbiamo donato e che oggi è là, su quella mensola prestigiosa, insieme a chissà quali storie e quali scrittori. Lo abbracciamo, non solo idealmente, e ci invita a ritornare, quando in realtà noi non vorremmo proprio andarcene, per sentire e gustare chissà quante altre storie. Lui prende la bandiera a scacchi e sale sul podio di Monza, la sventola con autorità scrivendoci un’ultima dedica: “Questa è la parte che mi ha dato più soddisfazione, Romolo Tavoni”.

(P.S. Ringraziamo l’amico Lello Soncini che ci ha “raccomandato”, aiutato e accompagnato in questo incontro. La dedica di Romolo Tavoni (foto in alto) è sulla fotografia posta sul libro “TROFEO CADETTI: una storia che continua”, di Massimo Campi e Roberto Chinchero – Promit Edizioni – 1996)


Romolo Tavoni, a sinistra, con Luciano Passoni
e Lello Soncini, storico ufficiale di gara a Monza

domenica 15 dicembre 2024

Clay Regazzoni, campione della passione


- di Massimo Campi
- Immagini © Raul Zacchè/Actualfoto

Svizzero di nascita, italiano di origini e adozione, latino di carattere. Clay Regazzoni (
5 settembre 1939 – 15 dicembre 2006) era simpatico e istrione, un campione di cuore, amato ovunque andasse, con quel suo modo di intendere le gare, di affrontare la vita. Ci metteva impegno, serietà, grinta, ma anche quel senso di piacere nel seguire le sue passioni. Sempre in entrambe le sue due vite, quella prima e quella dopo. Già due vite, unite dalla velocità e separate da un pedale del freno che si spezza a Long Beach. 

“Viveur, danseur, calciatore, tennista e, a tempo perso, pilota: così ho definito Clay Regazzoni, il brillante, intramontabile Clay, ospite d’onore ideale per le più disparate manifestazioni alla moda, grande risorsa dei rotocalchi femminili… si affinò, come stile e temperamento, che era fra i più audaci, fino a diventare un ottimo professionista. Gli avversari lo hanno sempre rispettato”. Enzo Ferrari si innamora presto di Gian Claudio Regazzoni al secolo Clay, come era stato chiamato da quella marea di pubblico che lo porta in trionfo a Monza 1970, quando sbanca il Gran Premio d’Italia alla sua terza gara con la Formula 1.

Il 5 settembre 1939 cominciava la storia di Regazzoni. La cronaca dice che era nato a Lugano, Svizzera, Canton Ticino, e già aveva la velocità nell’indole. “Gian Claudio venne alla luce così in fretta che volevano chiamarlo Furio” è il lontano ricordo di sua madre, invece, proprio la mamma fu incuriosita da un nome che vide su un giornale, Jean Claude, Gian Claudio all’italiana, o ticinese.

Il padre, carrozziere; Clay le macchine inizia a conoscerle nel cortile della azienda di famiglia. Silvio Moser, l’amico che lo porta in pista, gli fa conoscere la passione, la velocità, la competizione. E via per le piste, Clay va veloce, ha grinta. Formula Tre, Clay è ben presto nel manipolo dei giovani rampanti, dove ogni staccata è quella decisiva. Si corre su piste improvvisate, su piste vere, su tracciati cittadini. Clay sfida più volte la sorte: a Montecarlo la sua Tecno si infila tra le lame del rail. Si ferma con il casco che sfiora la lama metallica, per pochi millimetri non rimane decapitato. Niente paura, sono cose che succedono in quegli anni, come quando a Caserta perdono la vita tre cavalieri del rischio e Clay ancora una volta esce indenne da quel macello.
Formula Due, al via con la Tecno ufficiale dei Fratelli Pederzani, è il 1970, il suo anno. Vince il titolo europeo, lo vuole Enzo Ferrari ed a Monza sbanca la roulette della passione. Clay è un campione, l’Italia da corsa, la Ferrari, aspettava da anni un pilota così, anche se corre con la stella rossa crociata sul casco bianco per tutti è italiano, soprattutto dentro. È il giorno dopo della scomparsa di Jochen Rindt, Monza passa dal dolore alla festa rossa. Cinque anni dopo, nel 1975 è ancora Clay ad essere portato in trionfo nel giorno della conquista mondiale di Niki Lauda e della vittoria Ferrari col pilota più amato. Regazzoni non è solo Ferrari. L’idillio con la rossa finisce, ma non con i suoi tifosi. Passa alla corte di Frank Williams e, a 40 anni, regala alla squadra britannica la sua prima vittoria in Formula 1 sulla pista di Silverstone.

30 marzo 1980, Long Beach (California). È il 51° giro di gara, Clay pigia il freno della sua Ensign per affrontare la staccata alla fine della Shoreline Drive. Sotto la suola della sua scarpa trova il vuoto, il pedale si è spezzato, la monoposto viaggia ad oltre 250 all’ora ed alla fine del rettilineo c’è solo un muro di cemento. Quella volta ha perso la sua personale sfida con la sorte, da quel momento inizia la sua seconda esistenza.
Ha preso il via a 132 gare, dove ha ottenuto cinque vittorie, 13 secondi posti, 10 terzi posti, una serie di piazzamenti e per ben 15 volte il giro più veloce in gara. Clay Regazzoni deve dare l’addio alla Formula 1. Lo attendono quattro anni di ospedale, più di 60 ore di interventi e la sedia a rotelle come compagna di avventura, perché ormai c’è la certezza che Clay non avrebbe più camminato.

Cambia la prospettiva, ma non cambia la passione ed il modo di affrontare la vita. Clay non si ferma, comincia a sviluppare i sistemi di guida manuale e prosegue a correre. Prende parte più volte alla Parigi-Dakar, corre in kart, sulle vetture d’epoca, e diventa uno specialista dei grandi raid.
Clay, anche sulla sedia a rotelle, sembrava immortale con un volante in mano. Poi l’ultimo atto:  scompare il 15 dicembre 2006 in un incidente d’auto sull’autostrada A1 non lontano da Parma.
Clay Regazzoni, da quella vittoria rossa del 1970 e dalle sue avventure nel deserto africano, è diventato un mito che è riuscito a sconfiggere il tempo e le avversità che gli ha riservato la vita, cogliendone sempre il meglio, magari con una battuta ed un sorriso. È mancato il titolo mondiale, quello scritto in cima alle classifiche negli albi d’oro, ma non il rispetto degli avversari. Clay, con la sua vita, il suo stile in pista e fuori, la sua personalità, le sue imprese, i tanti tifosi sulle piste che lo hanno sempre acclamato, ha saputo conquistare lo speciale titolo di “campione della passione rosso Ferrari”.


martedì 12 novembre 2024

Opel 260 CV, l’auto da corsa con motore di 12.300cc


Altrimenti nota con il soprannome di “Mostro Verde”, con il suo 4 cilindri di 12,3 litri di cilindrata (alesaggio/corsa = 125 x 250 mm), la Opel 260 CV è probabilmente l’auto da corsa con il motore di maggiore cubatura mai realizzata. Costruita 110 anni fa, all’inizio del 1914 - sulla base della precedente Opel 110 CV sempre da competizione, ma con motore di 4,5 litri - aveva un allora rivoluzionario bialbero con 4 valvole in testa per ciascun cilindro da 260 CV a 2.900 giri/minuto che le permetteva di raggiungere una velocità massima di 228 km/h. Ad esso era abbinato un cambio a 4 marce che trasmetteva il moto all'asse posteriore.

Lo sviluppo di questo gigante a quattro ruote non costò meno di 90.000 Marchi dell’epoca. Una fortuna che però si ammortizzò solo nel corso degli anni poiché Carl Jörns, che prese parte a molte corse con questo mostro, riuscì non solo a conquistare più di 200 vittorie, ma anche a guadagnare considerevoli premi in denaro. Temporaneamente accantonata durante la Prima Guerra Mondiale, la Opel 260 CV fu riutilizzata dal 1922 e ancora con alla guida Carl Jörns vinse per tre anni consecutivi (1922-1924) la popolare corsa cittadina sull'isola danese di Fanö e numerose altre gare.

La vettura è stata restaurata tra il 1998 ed il 2001 e si trova ora presso il garage Opel Classic di Rüsselsheim.

sabato 17 agosto 2024

Ayrton Senna Forever, prorogata al 3 novembre la mostra al Museo Nazionale dell’Automobile di Torino


A trent’anni dalla scomparsa di Ayrton Senna, il Museo Nazionale dell’Automobile di Torino ha dedicato al grande pilota brasiliano una mostra la cui data di chiusura, visto il successo di pubblico, è stata prorogata dal 13 ottobre al 3 novembre 2024.

Dai kart fino alle monoposto di Formula 1, la mostra AYRTON SENNA FOREVER raccoglie le auto più significative guidate da Senna nel corso della sua carriera, dalla prima Formula Ford all’ultima Williams. Le vetture sono corredate da documenti, pubblicazioni e memorabilia: tra questi, la più completa raccolta delle tute da corsa e dei caschi del pilota e la più ampia selezione di tutte le pubblicazioni uscite, nel mondo, su Ayrton Senna.

Ad accompagnare il racconto, un importante apparato visivo si articola lungo tutto il percorso: immagini spettacolari – alcune inedite –, filmati in Super8, installazioni audiovisive e una multi-proiezione su grande schermo. Tra le numerose fotografie esposte, realizzate dai più grandi fotografi dell’epoca, un’ampia selezione di scatti di Angelo Orsi, grande amico e fotografo ufficiale di Ayrton.

Foto Claudio Pezzoli / New Reporter Press
















venerdì 21 giugno 2024

ACI MILANO CELEBRA I 70 ANNI DELL’ALFA ROMEO GIULIETTA


Milano 21 giugno 2024 - Quest’anno l’Alfa Romeo Giulietta ha spento le 70 candeline. La “fidanzata d’Italia” venne svelata il 21 aprile 1954 al Salone di Torino, con la sola versione coupè. Per celebrare l’importante anniversario Automobile Club Milano dal 24 al 28 giugno espone 3 modelli di questa vettura (ingresso libero in orari di ufficio nella sede di Corso Venezia 43).

La prima ha una storia avventurosa: nel 2007 la Scuderia del Portello per onorare l’impresa del principe Scipione Borghese che cento anni prima aveva trionfato al volante dell’Itala nella Pechino-Parigi, schierò infatti questa Giulietta TI 1,3 del 1957 nel raid per auto storiche che ripercorre a ritroso il suggestivo viaggio tra due mondi.


La seconda è un’Alfa Romeo Giulietta spider monoposto “Sebring” del Museo Dinamico Alfa Romeo storiche da competizione della Scuderia del Portello(Foto Luca Danilo Orsi). Ha corso negli anni Cinquanta e Sessanta in America nell’SCCA, lo Sports Car Club of America, ottenendo diverse vittorie. Nel 1956 e nel 1957 l’Alfa Romeo produsse 17 vetture Giulietta Spider Veloce del tipo 750G, sviluppate dalla normale Spider Veloce (tipo 750F) per adattarle alle competizioni americane e alla 1000 Miglia. La Giulietta esposta è una delle quindici 750G che nacquero in questa versione “monoposto disassata”, mentre le altre due furono allestite come biposto, cioè con normale parabrezza panoramico.

La terza auto esposta è una Giulietta Sprint Veloce bianco avorio originale (1960). E’ un’auto che mantiene delle “contaminazioni” genuine e corsaiole dell’epoca, poiché molte versioni della “Veloce” erano impiegate in gare automobilistiche. 








F1: IL SOGNO E LA REALTA’ DI ROBERTO VANNI


> di Luciano Passoni

La campagna intorno è piena di silenzio, pochi attimi e la musica assordante dell’8 cilindri Ford comincia a risuonare sulla pit line del Cremona Circuit, la Fondmetal GR01 è pronta, la stretta distanza tra la pista e l’abitacolo è superata con un saltello e Roberto Vanni è pronto al via. Due o tre false partenze: l’auto non è facile, il suo anno di nascita ci riporta al 1991, quando ancora la manualità e l’esperienza del pilota avevano un ruolo fondamentale. Sedici costruttori, oltre trenta piloti, nelle due stagioni di vita questa vettura ha avuto come competitors in pista, per la tecnica, materiali e nomi che sarebbero diventati leggenda in questo sport. Per il pilota lucchese i giri di pista si aggiungono a quel lungo percorso nelle formule minori, le turismo, le gt, le sport e la formula 3000, un elenco di vetture, sia a ruote coperte che scoperte, che lo hanno accompagnato nel suo iter di esperienze nella guida per arrivare all’oggi, al presente, alla partenza, al sogno che ogni pilota, ogni uomo appassionato di gare, di corse e di competizioni automobilistiche ha nel suo cuore e nella sua testa. Il resto è cronaca odierna, i giri di pista, le immagini, l’adrenalina, l’emozione, le impressioni, le strette di mano, le pacche sulle spalle, i sorrisi ed i saluti. Un giorno evidenziato in rosso nel calendario delle date più importanti, quelle che segnano la vita sportiva, e forse anche umana, di Roberto Vanni, pilota lucchese, per un giorno campione di quell’abitacolo, di quella tecnica, di quella storia.