lunedì 8 ottobre 2018

Modellata dal Vento - Cronaca di una giornata


> di Luciano Passoni

La giornata era limpida, una leggera brezza rendeva gradevole il clima sospeso tra l’ultimo colpo di coda del caldo estivo e l’approssimarsi di un autunno, più volte annunciato ma non ancora avvistato. Eppure, nel pieno della luce ancora intensa del primo pomeriggio, era un arcobaleno quello che circondava le strade e le rampe circostanti la piccola altura che si ergeva dai viali sottostanti. La curiosità non distraeva la città dal suo quotidiano e quella rassegna di colori, che spuntavano qua e là, si dirigevano a circondare l’autorevole imponenza della costruzione che dominava il paesaggio. L’abbraccio di quel congresso di colori, sapientemente diretto dalla volonterosa opera degli organizzatori, mentre andava via via completandosi, disegnava all’occhio dei presenti un emozionante affresco. 


“Modellata da vento”, l’orgogliosa rivendicazione degli uomini che l’avevano creata, miscelata all’orgogliosa esposizione di quanti l’hanno fatta propria. Così la Fiat “barchetta” oggi ritorna all’origine della sua genesi. E arriva il momento dei sorrisi, dei confronti e dei consigli sulla soluzione di piccoli o grandi problemi, seguono i commenti sull’ultimo o sul prossimo dei raduni, sui ricambi, mentre altri si affannano a rendere l’amata più bella e desiderabile. 


L’inganno dell’attesa viene superato da una visita al MAUTO; l’occasione è ghiotta e la storia importante, il percorso sapientemente commentato è assorbito con rispettosa devozione. Mi distraggo un attimo, sento la voce della guida che si allontana insieme agli altri visitatori e, nella luce soffusa del padiglione, una voce attrae la mia attenzione. Sono ordini secchi e precisi, dati con autorevole fermezza, due persone si affannano intorno ad un’auto ed una terza osserva prendendo appunti. Mi guardo intorno e sono rimasto praticamente da solo, mi stropiccio gli occhi e riposiziono gli occhiali, l’incredulità lascia il posto al desiderio di capire ciò che sta succedendo. L’Itala è avvolta nella nuvola del tempo, appare sospesa, intoccabile ed impalpabile. E’ attorno ad essa che lavorano i tre personaggi, riconosco Luigi Barzini, in attenta osservazione, Ettore Guizzardi, impegnato con degli attrezzi, e poi lui: Luigi Marcantonio Francesco Rodolfo Scipione Borghese, X principe di Sulmona, politico, esploratore, viaggiatore e pilota automobilistico. Mi appare di spalle, vedo solo una sorta di pastrano impermeabile che copre l’intera figura, il largo cappello alloggia anche dei grossi occhiali, il suo parlare è deciso ma cortese; dalla frenesia con il quale impegnano la loro opera intuisco che siano agli ultimi particolari di una accurata preparazione. Scipione si gira e per un attimo incrociamo lo sguardo, faccio un cenno di saluto con il capo al quale risponde con la cortesia di un sorriso, poi si rivolge a Luigi per uno scambio di idee sulla scelta di un percorso che dovranno affrontare. Intanto Ettore ripone gli attrezzi e si appronta ad avviare il motore. Lo sguardo compiaciuto di tutti è il contorno alla voce dei 7.500 cmc e dei 45 CV cavalli dell’auto che rompono il silenzio del posto. Stupidamente perso nella spasmodica attenzione ritorno alla realtà e penso all’esaltante servizio che potrei realizzare, cerco avidamente lo smartphone nelle varie tasche del giubbotto e nella borsa a tracolla; appoggio quest’ultima ad un tavolo appoggiato alla parete, mi giro e un video che presenta la serata mi sottrae a quelle immagini riportandomi al presente dell’iniziativa. 


Mi guardo intorno giusto in tempo per unirmi al convinto applauso che chiude il filmato e che diventa il segnale di partenza per i relatori. Dagli interventi esce quella umanità variegata, temprata dal carattere, dai sogni, dai desideri e dalle varie responsabilità che danno vita ad oggetti che ci si ostina a chiamare auto, quasi a sottolineare la freddezza di un oggetto. E invece sono uomini che si aprono a percorsi dove, oltre alla mente, bisogna mettere cuore, anima, il proprio sapere, la propria cultura e la propria fantasia, perché non sia una storia solo tecnica. Sono Nevio, Sergio, Attilio, Giuseppe, Bruno, Silvia, Andreas e Chris a raccontare il progetto, la storia, la bellezza ed il successo di un simbolo chiamato “barchetta”. Il classico aperitivo, rinforzato da una buona dose di piacevoli prelibatezze, conclude la serata, insieme alle foto, i selfie, i commenti, i ricordi e gli autografi; poi i colori all’esterno diventano scie luminose che allontanandosi chiudono il sipario alla luce del tramonto ormai concluso. Il gracchiare di un vecchio clacson mi fa scattare lo sguardo oltre il vetro impregnato di condensa. La vista ovattata dalle gocce non mi impedisce di vedere la sagoma grigia dell’Itala che ci raggiunge e sorpassa con imperiosa potenza; le tre figure a bordo mi salutano con un cenno della mano, rispondo al saluto mentre penso al lungo e affascinante viaggio che li porterà per sempre nell’immortale leggenda. Domenico, concentrato sulla guida, mi guarda perplesso convinto che qualche bicchiere di troppo ha ingigantito la fantasia di un vecchio sognatore.